giovedì 4 settembre 2014

Grande Guerra Trek – monte Sief, Col di Lana

Quest’anno ricorre il centenario dello scoppio della Grande Guerra. In effetti l’Italia entrò in guerra nell’anno successivo (1915), ma il massacro di tanti giovani uomini era già iniziato.
Flora ed io vorremmo (a nostro modo) rendere onore, a tutti i caduti, e a tutti quelli che combatterono sul fronte italo austriaco, andando a visitare i luoghi delle battaglie, percorrendo i sentieri e le strade a piedi o con le nostre mtb.
Non siamo i soli, tanta altra gente sta già facendo lo stesso, e in questo modo vorremmo che non andasse persa memoria di tanti giovani che sacrificarono gioventù e vita in nome di una patria…che forse oggi li sta tradendo nel peggiore dei modi…
Da molti anni sono appassionato e leggo degli avvenimenti e delle battaglie della Grande Guerra. In particolare mi sono appassionato alla Guerra Bianca. La Guerra Bianca comprende tutti quegli scenari di guerra che hanno come centro le grandi montagne, dalle dolomiti all’Adamello, all’Ortles/Cevedale, ecc ecc…
Flora ha avuto un componente della famiglia morto sul Piave durante la Battaglia del Solstizio nel 1918, all’età di circa 19 anni. Massimino. E’ stato sepolto nel sacrario di Asiago e fino all’inverno scorso nessuno era mai andato a deporre un fiore sulla sua tomba. Ma questa è un’altra storia….
Siamo in ferie in Val Badia, ai piedi del massiccio del Lagazuoi Piccolo. Appena sopra di noi si svolsero grandi battaglie e morirono migliaia di ragazzi. Lagazuoi e Cengia Martini, Sasso di Stria, Tofana, Col di Lana (Col di sangue) ci ricordano ancora oggi il sacrificio di tanti giovani. Siamo già stati tante volte in questi luoghi con intento escursionistico ed alpinistico, ma questa volta vorremmo ripercorrere gli stessi sentieri con altro sentimento e con altri occhi ci guardiamo attorno. Non è più la voglia di una vetta ma è il desiderio di ascoltare lo spirito di quei soldati che furono in quei luoghi. E’ difficile essere veramente rispettosi, ma ci vogliamo provare.
E così Flora ed io partiamo dal campeggio alla volta del gruppo Sief-Col di Lana.
Saliamo di buona lena la strada che porta sui Pralongià fino al crinale. Lassù ci si para innanzi la vista della Marmolada vestita di candida neve come da molti anni non vedevo.
Anche lassù combatterono e morirono semplici contadini, montanari e fior di alpinisti. Percorriamo il roccioso sentiero sottostante il gruppo dei Setsass.
Anche sui Setsass furono sistemati dei trinceramenti austriaci. Da lassù dominavano tutto il fronte dei combattimenti del Col di Lana. Dalla forcella sotto i Setsass iniziano a vedersi gli scavi delle trincee austriache. Parliamo di austriaci, ma in realtà erano le milizie territoriali Ladine rinforzate in un secondo momento da Kaiserjager e altre truppe dell’impero asburgico. Sui verdi prati dove ora pascolano placide e belle le mucche
allora si combatteva e si moriva di pallottola, di bomba e di valanga, più tardi anche le gigantesche mine contribuirono al massacro. Qua e la crateri di bomba fanno da letto a qualche mucca che riposa. Ma per essere visibili ancor oggi….quanto dovevano essere ampie allora? Con che pezzi sparavano le artiglierie italiane? Quando ero in artiglieria alpina, si sparava con obici da 155/23 e gli ufficiali ci dicevano che le granate aprivano crateri del diametro di una 30ina di metri….allora…che cannoni e che bombe tiravano? Non so ma doveva essere una cosa terribile vivere in queste trincee in questi baraccamenti in sasso, legno e terra sotto il tiro continuo delle artiglierie nemiche. Che rumore infernale e incessante doveva essere? Vedere cadere i propri compagni giorno dopo giorno, minuto dopo minuto… una situazione insostenibile! Eppure quei ragazzi, per quanto possibile, cercavano di sopravvivere. Iniziamo a salire l’erta che porta alla cima del monte Sief. Per un piccolo tratto siamo allo scoperto, poi entriamo nelle trincee ricostruite sui ruderi passati.
I passaggi sono stretti e non troppo alti. Come erano i ragazzi di allora? Io non sono certo un omone e ci passo appena, col mio zainetto. Allora come si muovevano qui in prima linea? Qua e la feritoie per l’osservazione e punti di sparo per le mitraglie. Ora sui sassi delle trincee spuntano fiori dai colori sgargianti ed allegri ed è bello scattare foto. Il colore dei fiori contrasta col cupo colore della trincea.
Anche il sole si copre e ingrigisce il già grigio ambiente di combattimento. Saliamo per la ripida postazione e presto siamo in vetta. Una croce, un cippo, due cippi, ricordano chi morì e chi resistette.
Il monte Sief fu tenuto caparbiamente dagli austriaci resistendo agli altrettanti caparbi e sanguinosi attacchi italiani. Dopo la conquista del Col di Lana gli italiani tentarono di arrivare anche sul Sief (sarebbe stata una disfatta per gli austriaci), erano a pochi metri….un ufficiale arrivò con pochi uomini in vetta al Sief ma fu sopraffatto dal contrattacco nemico. Per impedire la conquista di quest’ultimo baluardo fu fatta saltare una gran parte di montagna.
E si vede chiaramente. Una bella montagna squarciata in modo scientifico. A guardarla intensamente pare di sentire il boato della grande mina, sassi lanciati un po’ ovunque e il gran fumo salire in cielo, visibile a chilometri e chilometri. Ora i resti della cresta li percorriamo, prima in discesa e poi in salita con l’ausilio di comodi ed efficaci cavi d’acciaio. Abbiamo modo di osservare ancor meglio l’entità della mina austriaca. Camminiamo svelti e silenziosi quasi per non disturbare.
Ci soffermiamo a guardare altre postazioni scavate nella roccia da quei soldati/operai che combattevano su questi pendii. Anche senza l’ausilio di carte si riesce a vedere chiaramente la disposizione dei combattenti. Ora la tenera erba e la morbida terra coprono montagna e resti umani…Ma allora doveva essere tutto arido e bruciato, ricco di scavi profondi, dove cavalli di frisia e reticolati ricoprivano gran parte della montagna. Resti umani smembrati dalle esplosioni e dispersi qua e la fra i sassi continuamente fatti “muovere” dal continuo lavoro delle artiglierie che tentavano di aprire varchi fra i reticolati nemici. Da quassù si sparava ai combattenti che tentavano, balzando in salita, riparandosi dietro ai massi, di arrivare alle postazioni avversarie. Sono stordito. Le immagini che si susseguono nella mia testa sono terribili,mi sembra quasi di sentire i rumori, le grida, l’odore della cordite e delle esplosioni, del sangue…fatico a fare fotografie. Ma la montagna è magica, la natura è forte. 
La natura si riappropria della terra e la ricopre di bontà e bellezza…e anche questi luoghi di orrore vengono addolciti dal passare del tempo e dall’opera di Dio.
Saliamo ora la lunga scalinata che porta alla cima del Col di Lana.
Poca strada ma faticosa, ansiamo non poco quando sbuchiamo sotto la croce di vetta. Non arriviamo lassù in una sorta di rispetto, non abbiamo conquistato nulla. Ci fermiamo per una foto alla croce pochi metri sotto. Così, una croce rivolta verso il cielo che si staglia fra le nuvole grigie nel cielo che per un attimo si oscura.
Poi arriviamo alla piccola cappella per una doverosa preghiera.
Abbiamo fame ma per mangiare ci defiliamo un po’ e scendiamo al piccolo ma bel bivacco costruito dagli alpini. Sui gradini del rifugio, al riparo dall’aria consumiamo un pasto molto frugale. Pane e formaggio, un goccio d’acqua. Abbiamo anche un po’ di frutta e un po’ di cioccolata. Forse la cioccolata l’avevano…ma la frutta era solo un sogno…
Mi concedo un tiro di sigaro toscano. In silenzio lo sguardo ammira la valle sotto di noi, le montagne intorno. Il Pelmo, il Civetta, Il Cristallo, le Tofane….chissà se anche allora i soldati riuscivano ad avere un momento tranquillo per una fumata e uno sguardo a quei monti incantati. Magari pensavano a casa, magari scrivevano qualche lettera…chi sapeva….chi sapeva scriveva anche per chi non sapeva leggere e scrivere….

Preleviamo un opuscolo dentro il bivacco e lasciamo una piccola offerta. Mi piacerebbe passare una notte qui….A Flora no, è convinta di “sentire” ancora i rumori della guerra e le grida dei soldati…
Per scendere non ritorniamo sui nostri passi. Scegliamo di rientrare percorrendo il ripido sentiero che porta al Castello di Andraz. E’ lontano ma potremmo anche farcela. Scendiamo con circospezione ed attenzione, il sentiero è scivoloso, ma…ma i soldati italiani attaccavano salendo da questo versante? Da questo o da quello a sud fa poca differenza…la pendenza è tanta…. Per gli austriaci era come tirare al piccione!!!
La discesa è ripida e scivolosa, dobbiamo stare attenti. La montagna è fiorita come non l’avevo mai vista in questo periodo. I fiori giustamente coprono questi pendii un tempo insanguinati, quasi a rendere più dolce il trapasso dei soldati di allora. Che la memoria, che quei fiori stemperino, in questo centenario, tutto quel dolore tutto quell’orrore.

Scendendo supponiamo di poter incrociare qualche sentiero che ci riporti verso il passo di Valparola. Flora vorrebbe rischiare la via per il castello di Andraz. Faccio un rapido calcolo dei tempi e insisto per una “via di fuga onorevole”.
E poco dopo la “via di fuga onorevole” ci viene incontro. Quando il pendio si spiana un cartello ad un bivio ci indica il sentiero Teriol Ladin che ci riporta alla sella dei Setsass. Praticamente facciamo il giro del Col di Lana. Ora stiamo percorrendo il lato Italiano del Col di Lana. Non riesco proprio a capire come facessero i nostri ragazzi ad attaccare il nemico da una posizione così svantaggiosa. Le postazioni erano sotto l’osservazione ed il tiro del Sief e dei Setsass. Poco dopo troviamo piccole costruzioni che probabilmente facevano da riparo ai nostri giovani soldati.
Anche qui qualche cippo alla memoria. In questi luoghi gli alpini praticamente non combatterono. I soldati provenivano quasi esclusivamente da truppe di fanteria, probabilmente molti erano meridionali e non avevano mai visto montagne così alte e probabilmente nemmeno tanta neve…e forse non la rividero mai più.
Continuiamo il giro del Col di Lana seguendo l’esile traccia del Teriol Ladin. Il fischio di una marmotta serve per farci abbandonare per un solo momento i pensieri legati alla guerra. Ci immobilizziamo per cercare di individuare la marmotta sentinella. Il fischio era tipico dell’allarme di nemico terrestre. Diverso è l’allarme per l’arrivo dell’aquila. Siamo sopra vento e la marmotta ci sente e ci osserva. La vediamo, immobile su un sasso, ritta e guardinga. Restiamo fermi ed in silenzio. Noi la guardiamo, lei ci guarda. Fermi. Come accenno a muovermi per estrarre la macchina fotografica, lesta, la marmotta scende dal sasso e si infila dentro uno dei mille buchi che ha scavato. Restiamo fermi ancora un po’. Le marmotte sono curiose, può essere che esca ancora. Ma la direzione del vento non ci aiuta. Il nostro odore ci tradisce (ma puzziamo così tanto?).

Abbiamo lasciato le postazioni italiane da poche centinaia di metri e subito calpestiamo evidenti tracce di trincee austriache. I contendenti erano proprio facci a faccia. Si sarebbero anche potuti parlare. Fra di loro, probabilmente varie serie di reticolati, ora rotti da bombardamenti ora rifatti con sacrificio dai fanti. In una di queste trincee Flora rinviene alcune schegge di granata. Sono veramente spesse.  Vista la posizione, probabilmente sono schegge provenienti da batterie italiane. Cerchiamo altri reperti. Altre schegge, scatolette, pezzi di filo spinato, c’è di tutto. La paura è quella di trovare pezzi di osso umano.
Continuiamo la nostra camminata.
Risalendo verso la sella vediamo bene le varie linee delle trincee. Non sono linee continue ma spezzate zigzaganti sul fianco della montagna.

Ci sarebbe da star li nel mezzo giorni e giorni per studiare bene posizioni e linee, ma il tempo stringe, e dobbiamo rientrare. L’autobus al passo di Valparola passa alle 17:15….e non abbiamo più tempo. Potremmo rientrare a piedi al campeggio…ma sarebbe una fatica di ben poca soddisfazione. Se perdessimo l’autobus…pazienza…ma se possiamo prenderlo…. Acceleriamo l’andatura e percorriamo velocemente il continuo saliscendi che ci separa dal passo. Riusciamo a sporcare per bene le nostre scarpe…niente di più.
Arriviamo in tempo utile, ed intanto che aspettiamo quei due o tre minuti osserviamo dei figuranti in divisa militare al bar. Sono ragazzi che posano in divisa austriaca e italiana al Forte Intra i Sasc.
Al forte c’è un bel museo che vale la pena di essere visitato.
Soldati Austriaci ed Italiani  insieme al bar….sarebbe stato bello che fosse stato così anche allora…
In qualche occasione qua e la ci sono stati episodi di amicizia e rispetto tra le parti….soldati che di nascosti si scambiavano sigarette, cioccolato…a rischio della fucilazione…



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