venerdì 28 novembre 2014

Grande Guerra mtb/trek: sulle tracce del "fronte immobile"

Fino a pochissimo tempo fa, nella mia testa,  la linea del fronte della Grande Guerra, era sull’Adamello, sul Pasubio, Asiago, Ortigara, Grappa, Piave, Isonzo, Tagliamento, Lagazuoi, Col di Lana, Marmolada… Ero convintissimo (non so perché) che la Grande Guerra non avesse coinvolto i civili. Tante volte uno si fa delle idee strampalate che nascono da delle convinzioni basate sul nulla. Poi cominciando a leggere un po’ più attentamente, cominciando a visitare qua e la anche settori del “fronte” meno “famosi”  ho iniziato a raffigurarmi le cose in modo completamente diverso. Ho scoperto che la Guerra è arrivata in posti ora estremamente turisticizzati come Riva del Garda, e ho scoperto che siti come Rovereto, Marco, Mori furono praticamente rasi al suolo dalle artiglierie italiane (in teoria fuoco amico…visto che dovevamo liberarli dal giogo  del tiranno austriaco). Questa cosa mi ha lasciato sgomento…
La ragione c’è, ovviamente. La prima linea passava proprio sopra la storica cittadina di Fabio Filzi e Damiano Chiesa…
La Prima Linea poi si inerpicava su per i monti fino a Passo Buole, Monte Zugna da una parte mentre dall’ altra passava per il Solco di Loppio e arrivava appena sopra Riva Del Garda, e se ne andava sopra la Val di Ledro, Tremalzo e via dicendo.
Viste le fotografie di allora con i paesi distrutti viene il groppo alla gola….
Così, vista la stagione poco adatta alle lunghe escursioni e alla visite in quota, Flora ed io ci siamo dedicati alla riscoperta di questa zona di Fronte meno nota (a noi). 
Con la scusa di andare a mettere il naso fra i vari mercatini di Natale della zona siamo ritornati a Rovereto. Le previsioni del tempo ci garantivano, per la giornata di martedi, un tempo accettabile. Abbiamo così portato le nostre mtb per mettere insieme la possibilità di fare una pedalata e arrivare fino ad Arco e attraversare così la famosa linea del “fronte immobile”. Una volta ad ad Arco il mercatino di Natale era una bella occasione per un po’ di allegria in più una mangiatina calda ed un buon brulè.  
Con la temperatura piuttosto fresca siamo partiti da Rovereto su ciclabile alla volta di Mori e da qui verso il lago di Loppio. Il "solco di Loppio" era "prima linea" ed era denominato il "fronte immobile" perchè di li non si è mai mosso per tutta la guerra. Le linee sono sempre rimaste sulle loro posizioni. Il fronte era talmente difficile da forzare che, alla fine, si arrivò ad uno stallo di relativa tranquillità. Tranquillità nel senso di attacchi alla baionetta….l’ artiglieria ha continuato a lavorare incessantemente per tutto il tempo. Ma zone appena in retroguardia, come il monte Creino (ad esempio) furono utilizzati come zone di riposo per le truppe sotto stress su altri scenari.
 Arrivati a Loppio una prima sorpresa....la ciclabile è chiusa per lavori di manutenzione. Non ci va di seguire la strada trafficata...ne di tornare indietro....quindi...ci comportiamo da bravi italiani...Pochi metri dopo la zona di lavoro più consistente....scavalchiamo il guard rail e scendiamo in ciclabile. Se più avanti ci fossero lavori importanti...vedremo. Lo spettacolo del lago di Loppio è davvero incredibile
e ce lo godiamo in totale tranquillità e solitudine.
Pensare che in questi siti così belli e dedicati alla natura e alla meditazione ci potesse essere la "prima linea" è davvero strano...ormai solo pochi manufatti in calcestruzzo ci confermano l'antica presenza armata.
Ora il lago di Loppio è praticamente solo una torbiera più o meno allagata conformemente alle piogge di stagione.
Fino a non molto tempo fa il Lago era un lago vero e proprio. Il lago fu prosciugato per la costruzione della galleria di collegamento Adige – Sarca. C’era anche una ferrovia (gli austriaci erano dei maestri in questo) ora smantellata, su cui corre ora (parzialmente ) la ciclabile.
La luce radente del sole ci offre colori ed immagini davvero incredibili. A questo contribuisce notevolmente la parecchia acqua dentro il lago dove le “paperelle” galleggiano tranquille.
All’interno c’è anche una isolotta che merita una visita approfondita. Ma il tempo è poco e proseguiamo. Sulla ciclabile fervono lavori di manutenzione. Operai provvedono a riparare e ricostruire la barriera in legno che fa da parapetto e protezione. Apprezziamo molto il loro lavoro e passiamo in silenzio….(siamo in torto e non dovremmo essere li) .Saliamo in un contesto davvero splendido fino al passo.
 Dopo il passo di S.Giovanni scendiamo a Nago e di qui, per una bella via sterrata cerchiamo di raggiungere Arco per andare al famigerato mercatino di Natale. Siamo sulla sinistra del Sarca e zigzagando fra le stradine interne
arriviamo (in modo quasi rocambolesco) al centro di Arco. Qui con sorpresa (amara) verifichiamo la presenza dei casotti del mercatino...ma anche i cartelli che indicano la loro apertura solamente nel WE. E' quasi mezzogiorno e, dopo una visita all'ufficio turistico, cerchiamo di trovare un baretto per un panino (io che sognavo il gulasch e il vin brulè!) . Ma il brulè la brava barista me lo fa ugualmente, e oltre ad un ottimo panino ci porta anche un olio locale strabuono appena spremuto, per condire il panino. Solo l'olio valeva la gita.
Ora torniamo per ciclabile nota fino a Torbole.

Il paese rivierasco è stranamente semideserto e una tranquillità inusuale  regna sulle spiagge lungo le vie solitamente intasate di gente.
Una splendida mostra fotografica all'aperto sulle postazioni di Guerra attira la nostra attenzione. Sono una 40ina di gigantografie appese ad un muretto
. Da una parte le foto del fronte dalla parte austriaca,
e dall'altra le foto delle posizioni italiane.
 Abbiamo tempo e le guardiamo con attenzione cercando di individuare mentalmente i luoghi dove sono state scattate.  Ci fermiamo ad osservare soprattutto i visi e le espressioni dei soldati.
Alcuni hanno la “faccia antica” altri hanno una espressione estremente moderna, come se le foto fossero state scattate ieri…In ogni caso tutti giovani uomini …
Davvero commoventi. Davvero bella l'idea della mostra all’aperto a disposizione di tutti.
Saliamo a Nago per la ciclabile classica.
Prima del paese ci fermiamo un attimo a fare qualche foto presso i forti di Nago presso Castel Penede.
Questi forti ora fungono da suggestivi bar, ma anche allora servirono poco, avevano poca artiglieria e non erano in posizione strategicamente importante. Il cielo va rapidamente annuvolando e la sera incombe veloce. Il sole è già sceso dietro le montagne e rientriamo velocemente a Rovereto per la medesima ciclabile, dove gli operai proseguono il loro lavoro di falegnameria, dove le paperelle continuano a galleggiare nel lago,
dove proseguono i lavori di asfaltatura e costruzione di parcheggi nei pressi di Loppio all’ingresso della ciclabile stessa. Come all’andata, nello stesso punto, scavalchiamo il Guard Rail e riprendiamo la via per Rovereto. Nei pressi di Mori ci fermiamo per una doverosa visita alla chiesa di S.Biagio. Questa costruzione sacra risalente all'anno mille, è stata bombardata e danneggiata durante la Grande Guerra e definitivamente distrutta durante la 2° Guerra mondiale. Ora rimane solamente qualche rudere e il campanile, stranamente rimasto in piedi .
Arriviamo a Rovereto...Un giro in centro e…meno male i mercatini sono aperti. L’ora è ancora giovane, e quindi torniamo all’area sosta camper dove alloggiamo, rapidamente sistemo le bici, doccia, cambio d’abito e di volata torniamo in centro. Con calma facciamo passare le bancarelle e acquistiamo ricordini, cibarie e golosità per la cena. Ma il mercatino non è enorme e decidiamo di fare una passeggiata per le vie del paese antico.
E… sorpresa!!
Il centro storico, colorato da faretti e lampioni messi ad arte,
commemora in modo decisamente bello, il primo anno di Guerra e il primo Natale. Immagini incredibilmente suggestive sono proiettate contro la parete di una casa
e nell'aria risuonano musiche e ritmi adeguati. Ci fermiamo a guardare ed ascoltare l'intera proiezione.
Non sentiamo nè freddo nè fame (che pure era tanta) e assorbiamo completamente musica ed immagini... Il tempo ci scivola di su di noi come se non esistesse. La situazione  ci ha completamente preso .  Rientriamo lentamente con la commozione negli occhi e nel cuore.

Ma il nostro soggiorno Roveretano non è terminato, e approfittiamo della giornata di mercoledì per visitare ancora il paese in prima linea. Contrariamente alle previsioni del giorno prima, non piove. Le bici sono sul portapacchi e comunque li restano. Faremo un Grande Guerra Trek (urbano). La linea del fronte è sempre quella….solo che andremo dall’ altra parte del paese, verso la zona più calda, quella che guardava lo Zugna e Passo Buole.
In realtà non ci spostiamo un granchè.
Risaliamo per la antica strada militare e andiamo a vedere da vicino Maria Dolens.
Maria Dolens è la campana della Pace, che ogni giorno (alle 20:30 in inverno e alle 21:30 con l’ora legale) manda ai cittadini il suo messaggio di dolore e di pace dall’alto della collina dove è attualmente sistemata.
Salendo riconosciamo qua e la lngo la via, vecchi resti di manufatti della Grande Guerra.
Qualche posto di osservazione, qualche casamatta in calcestruzzo, poca roba, ma riconfermano la centralità del paese rispetto al fronte. Ad un certo punto, nei pressi della chiesa di S.Maria al Monte una targa su una fontana ci incuriosisce. Leggiamo. Questa zona era "terra di nessuno", a questa fontana venivano a prendere acqua sia gli austriaci che gli italiani, in una sorta di tregua non scritta ma realizzata.
La commozione è davvero tanta.

 La campana, fusa col bronzo di tanti cannoni, non è sempre stata li. Inizialmente era su un torrione del castello, proprio in paese. Poi fu spostata dopo essere stata rifusa per difetti di fusione e portata sul colle dopo essere stata benedetta da papa Paolo VI. Negli ultimi anni è stata riposizionata in modo più centrale e in modo da essere vista e meglio sentita dalla valle (sentita dalla valle…fa veramente rabbrividire…è un bel monito contro la guerra).
Il cielo grigio, nebbioso fa risaltare ancor più la silohuette della campana….
Tutte le bandiere che accompagnano il visitatore donano a Maria Dolens una solennità davvero notevole.


Ci fermiamo a visitare il museo con la mostra fotografica sulla storia della campana; c’è anche un bel video da guardare. Opere artistiche contro la guerra fanno da efficace contorno.
Per sentiero (scivoloso con l’umidità)
scendiamo fino a Castel Dante, dove c’è il Sacrario Militare.
Qui oltre ai noti  Filzi, Damiano Chiesa ecc, sono sepolti una enorme quantità di soldati. Tra noti e ignoti, tra austriaci ed italiani sono quasi 20000. E viene un gran magone….
Siamo al limite dell’orario di chiusura e usciamo percorrendo una trincea fortificata proprio sotto il sacrario e che costeggia l’inizio della strada degli artiglieri.
Un pezzo l’abbiamo già percorso…il resto lo faremo…
Ora ritorniamo in paese…
dobbiamo visitare il castello e il museo della guerra.
Prima ci concediamo un goloso Strauben con brulè (non è colpa mia se c’è freddo e bisogna scaldare le penne) al mercatino di Natale.
Per ricordo trattengo la tazza….e Flora si accaparra qualche Brezzel di ottima fattura. Poi con gli zaini pieni di bontà andiamo a vedere il castello. La mostra delle artiglierie è chiusa e aprirà a maggio….Vediamo il resto…
Il resto è un bel museo, ben organizzato con tante cose interessanti.
Oltre alle armi, quello che ci fa impressione è il racconto dell’effetto della guerra sulle popolazioni civili.
A dare più effetto a questo aspetto, contribuisce in modo (probabilmente) involontario una assistente alle sale museali. Flora riesce ad attaccare discorso con questa signora assai gentile e da qui scaturisce un racconto che ci commuove davvero. La signora ci descrive i racconti della sua nonna. Erano della Val di Gresta ( ci siamo stati in ottobre), e allo scoppio della guerra molti uomini furono richiamati e mandati a lavorare in Moravia, molti partirono soldati per la Galizia, e la popolazione civile fu fatta sgomberare per la predisposizione del fronte. Partirono così, senza nulla lasciando quel poco, non sapendo nulla sul futuro….Famiglie intere smembrate, padri che non rientrarono che molti anni dopo, figli che non riconobbero i propri padri, mai visti, padri che videro per la prima volta i loro figli che erano quasi grandi.
Al di la della storia, al di la dei combattimenti cruenti con migliaia e migliai di morti, al centro di tutto c’è l’uomo, con la sua vita, con le emozioni, gioie e dolori…l’uomo che fondamentalmente ripugna la violenza (il nemico nongli ha fatto nulla) e vorrebbe solo continuare a coltivare la sua terra.
Mi ha colpito tantissimo un altro aspetto….qui a Rovereto erano…Austro ungarici….erano “nemici”….
Pur di origine italiana, pur con l’irredentismo di tanti, la gente era austriaca….molti consideravano Battisti un traditore….
Condiderare questo in Sud Tirol mi viene abbastanza facile….qui a Rovereto molto meno. Resto colpito e rimango sul colpo, come un pugile colpito al mento. Non ci avevo proprio pensato.
Anche la mia bisnonna mi parlava del “suo bel Peppino” partito in guerra come bersagliere in bicicletta….mi diceva che tutti gli uomini erano al fronte e il podere lo tiravano avanti lei, mia nonna, e i suoi fratelli….erano tutti assai giovani….e lavoravano come i grandi…. Ma la guerra riguardava gli uomini al fronte…da noi non era arrivata…qui la guerra c’era, si sentiva ogni giorno…..
Usciamo dal castello davvero emozionati e cominciamo a far progetti per le prossime mete…..




martedì 28 ottobre 2014

Grande Guerra MTB: MONTE PASUBIO.

“Sulla strada del Monte Pasubio, lenta sale una lunga colonna…”
Inizia così la famosa canzone di Bepi De Marzi dedicata a chi mori sui Denti….
Chi non è mai stato sul Pasubio? Almeno una volta?
Personalmente ci sono già stato 5 o 6 volte.
Almeno 4 volte sono salito dalla incredibile Via delle Gallerie, un paio di volte dalla “Strada degli Eroi”, poi sono arrivato dal Roite…e così via.
Questa volta, ho provato a farla in mtb. Con mia moglie.
Sono riuscito a plagiare così tanto bene la mia signora con i racconti della Grande Guerra, che si è immersa talmente tanto nella situazione ed ora è alla continua ricerca di possibili percorsi dedicati a questo argomento, così affascinante e così doloroso.
Nel centenario dello scoppio della Grande Guerra mi è parso doveroso l’ennesimo pellegrinaggio al Pasubio. Non è certamente una idea unica, ci hanno pensato in tantissimi (lenta sale una lunga colonna….di mtbikers).
Flora ed io abbiamo tenuto d’occhio le previsioni per quel WE per giorni e giorni….
Il meteo metteva tempo stabile e sereno….ripetutamente…non potevamo non provare.
So benissimo che il Pasubio è una montagna particolare dal punto di vista meteo.
So benissimo che almeno la cappa di nebbia, lassù c’è spesso per non dire sempre….ma dovevamo provare assolutamente.
Dopo un viaggio quantomeno “curioso” su e giù per la Vallarsa arriviamo all’imbrunire a Pian delle Fugazze dove ci parcheggiamo col nostro preziosissimo “camperone”.
L’aria fresca e tesa spazza il parcheggio vuoto, ma spazza via anche la nebbia che si abbassa ed indietreggia verso il vicentino….
L’alba ci sveglia con il cielo azzurro e il sole che illumina man mano le cime del Carega e poi gli alberi che si vanno colorando dei caldi ed intensi colori autunnali.

La temperatura è bassa, e il caffè bollente della mattina è estremamente gradito…
Mentre la caffettiera borbotta ancora sul fornello, iniziamo già i preparativi per la partenza. Flora è gasatissima e faccio fatica a tenerla a freno. E’ presto, fa ancora freddo, abbiamo tempo.
Sono presto vestito e mentre Flora esegue tutti i riti mattutini di vestizione e spalmatura di creme e cremine, mi affretto a togliere le bici dal portapacchi del camper. Sono sempre molto timoroso di perdere i pezzi per strada, quindi perdo un sacco di tempo a tirare una decina di elastici per fissare in modo sicuro le bici al supporto. Anche se poco aereodinamico metto anche un bel telo di copertura fissato e rifissato pure esso. Il tutto assicurato da apposita catena.
Ne consegue che le operazioni di messa a terra delle mtb richiede più di qualche minuto.
Poco dopo le 9, quando il sole arriva a lambire il parcheggio, siamo pronti alla partenza.
Ho la traccia sul navigatore, anche se non serve…conosco la via molto bene….e mi incammino lungo la strada della Val di Fieno ( quella che comunemente viene chiamata "la Strada degli Eroi) come se fossi un veterano che torna al fronte dopo una licenza o un riposo nelle retrovie (mia moglie lo dice sempre che sono vecchio e che le “cose” della guerra le so….perchè c’ero!....ma dice così anche delle guerre puniche…)
La strada della Val di Fieno sale dolce senza strappi cattivi. Mi sono chiesto spesso perché nei testi e nei libri si parla sempre della via delle Gallerie, si parla degli Scarubbi….ma mai di questa strada…
Cerca e ricerca (nemmeno tanto poi…) ho scoperto che di questa strada non se ne parla per un motivo molto semplice…non c’era. C’era un sentiero che saliva verso cima Palon e basta. Le vie classiche erano appunto le altre (per gli italiani) mentre gli austriaci salivano da dietro, dalla parte del Roite per intenderci…
Questa strada fu costruita in epoca post bellica (la prima) in epoca fascista (qualcosa di valido fu fatto anche allora) per accedere facilmente con i mezzi a motore alla “zona sacra” del Pasubio. La via degli Scarubbi esposta a nord restava innevata per troppo tempo, e la via delle Gallerie era accessibile solo con i muli o a piedi. In epoche successive, la larghezza della carreggiata e la possibilità di caduta sassi, hanno fatto si che la strada fosse completamente chiusa all’altezza della galleria intitolata al gen. D’Havet. Ma fino li la strada è ancora percorribile (abbiamo visto salire e scendere diversi fuori strada di cacciatori o chi per essi).
Comunque sia, Flora ed io, pedaliamo di buona lena chiacchierando e chiacchierando saliamo rapidamente di quota.
Qualche fermata per fare foto, per svestirsi un po’. Lo spettacolo del gruppo del Carega, la vallata sottostante, lo Zugna la in fondo….meritano qualcosa in più di qualche sporadica foto.

Leggevo, tempo fa, un libro che un generale austriaco ha scritto della guerra sul Pasubio.
A parte le fasi cruenti del 1916 in seguito alla Straffenexpedition, a parte la snervante guerra di mine, quello che più minava il morale dei soldati era l’incessante, continuo rumore dello scoppio delle bombe. Bombarde, granate, lanciamine, cannoni erano continuamente in azione giorno e notte creando un frastuono davvero tremendo. Forse questi rumori venivano mitigati un po’ durante i terribili inverni, quando sul Pasubio caddero metri e metri di neve, seppellendo tutto e tutti (che la natura tentasse di riportare l’uomo a più miti consigli?).

Con l’immaginazione che mi fa sentire in lontananza il rumore della granata che scoppia, arriviamo alla galleria d’Havet.

Giusta fermata per foto ricordo e poi passiamo….

Spesso il meteo di qua e di la dalla galleria non è il medesimo. Quindi passiamo nel cunicolo con il cuore in gola. Mano a mano che avanziamo la luce proveniente dalla Val Canale e dal vicentino ci appare limpida e chiara e ci fa ben sperare. Troppa grazia S.Antonio (direbbe l’amico Gigi), di la dalla galleria le condizioni sono ancora migliori….solo in fondo valle una nebbia spessa e bianca staziona sorniona. Questo manto chiaro mette in risalto i profili delle montagne intorno a noi. Dal biancore sottostante ci appare appena (come monito?) l’ossario del Pasubio.
Siamo ora sulla Strada dehli Eroi vera e propria. Su questo tratto, incastonate alle pareti, ci sono le lapidi che ricordano le medaglie d’oro della guerra….a cominciare da Cesare Battisti, Fabio Filzi e così via.
Avanziamo lenti e rispettosi e ad ogni lapide un attimo di preghiera e, perché no, una foto commemorativa.
La salita al rifugio Papa è dolce e non ci impegna fisicamente e così possiamo dedicarci ad ammirare lo splendido panorama che la giornata ci regala.
Un pensiero costante a chi ha perso la vita, a chi ha combattuto affinchè potessimo essere una nazione unita….a chi ha creduto in una Italia bella e migliore…a chi non vorrei mai deludere…
Lentamente ma decisamente, guardando tutto con occhi pieni di meraviglia e di bellezza,
arriviamo al rifugio Papa. Per mangiare è ancora presto….
Facciamo una sosta velocissima, giusto il tempo di leggere lapidi ed epitaffi sulla facciata (li ho già letti tante volte…ma non basta mai) e partiamo alla volta dei “Denti”.
La strada (non è giusto chiamare sentiero questa via) si fa un poco più erta e un po’ più sconnessa. Fatichiamo un po’ di più ma avanziamo. Ad un certo punto ci fermiamo a chiacchierare con un “trailista” (uno che fa i trail di corsa). E’ un vicentino che viene spesso e ci conferma la immensa fortuna della giornata odierna.  Ci fa notare che la sul fondo…la in fondo si intravvede il sacrario di Asiago.
Meraviglia! È vero….eccolo….siamo commossi….gli raccontiamo in fretta di Massimino….della nostra visita al ragazzo del ’99 là sepolto…
Un attimo di commozione si aggiunge alla commozione che già abbiamo dentro…
Più lenti del nostro amico podista proseguiamo la salita.
DI QUI NON SI PASSA!  Dice un ferreo cartello. E ci fermiamo ….
Siamo in zona sacra….
Cosa facciamo?
Proseguiamo….arriviamo almeno sul Dente Italiano.
Con qualche difficoltà avanziamo, grossi sassi sul percorso, e le pendenze che aumentano ci costringono a qualche passo a spinta…..
Siamo dalla chiesetta.
Mentre guardo le bici in sosta…e scatto qualche foto ricordo ad un folto gruppo di mtbikers, Flora entra per una preghiera….
Poi, dopo una intervista volante al Gruppo Alpini che ha la base di fianco alla chiesetta, riprendiamo la nostra marcia.
La strada diventa sentiero e sentiero poco agevole.
Alterniamo qualche passo a spinta con qualche pedalata….
Nuove parti di camminamenti e trincee appena restaurate scorrono vicino a noi….
Tutto in torno a noi il terreno brullo è costellato di buche curiosamente tonde e con che di preoccupante.
Flora mi chiede se sono le buche dovute alle bombe….
Si, sono le buche dovute agli scoppi delle bombe e alle granate…..
Probabilmente adesso, dopo tanti anni….si sono anche riempiti….
E la mente ritorna al libro del generale austriaco….le bombe, gli scoppi…
E la canzone…e gli alpini che scava e spera….
In verità sul Pasubio gli alpini, quelli con la penna “un po’ più dritta e un po’ più mora” non hanno combattuto molto. Probabilmente se l’esercito Italiano avesse usato di più e meglio le truppe da montagna, si sarebbero avuti risultati migliori e forse il dente austriaco…forse ci sarebbe ancora il Dente Italiano ancora integro….chissà.
In realtà sul Pasubio furono impiegate grandi truppe di fanteria. Furono impiegate tanti giovani vite per scavare gallerie su gallerie….
Sotto c’era una “città” di gallerie…c’erano le vie….Via Parma, Via Reggio….e così via.
Tutte gallerie alla ricerca disperata di intercettare la grande mina austriaca….
Hanno provato in mille modi di farla saltare….ma dove era la galleria austriaca?
La sentivano….ma non riuscivano capire….scoppi di contromina non sortivano alcun effetto…
Gli austriaci continuavano a scavare….
E gli austriaci dove erano? Cosa facevano?
Scavavano.
All’inizio pensarono ad una galleria che sbucasse sul Dente Italiano per occuparlo…. Ma poi pensarono che una volta la, non avrebbero avuto la possibilità di tenere il caposaldo, pensarono alla difficoltà dei rifornimenti ecc…e cambiarono obiettivo….
Spinsero la galleria di mina più in basso….sempre più in basso….sotto sotto le gallerie italiane….e fecero saltare il Dente Italiano….e tutto divenne difficile per noi….
Come per noi ora diviene difficile avanzare. Il sentiero strettissimo e assai rotto ci impedisce la marcia coi pedali…
E ci mettiamo la bici in spalla e compiamo le ultime centinaia di metri verso il “nostro Dente” in questo modo…a mo di muli…
Appoggiamo le bici all’ingresso di una galleria….
e saliamo gli ultimi alti gradini con una sorta di agitazione mista a commozione , quasi con fretta….come se il Dente potesse scappare.
Siamo su….
Lo spettacolo è di una bellezza straordinaria….la montagna ci offre una visibilità inconsueta, uno spettacolo meraviglioso….
Lo sguardo spazia a 360° in modo mirabile…. “Di qui si vede tutto il mondo…o quasi” scriveva il poeta parmigiano Renzo Pezzani…..
Ma tutto d’intorno a noi….nell’intorno a noi tutto parla ancora di morte e di disastro….
Restiamo in vetta al Dente quasi pietrificati….
Uno sguardo alla croce…uno sguardo al dente Austriaco….
Lassu’ un’altra croce…altri morti da piangere….poco più sotto le feritoie della mitraglia….sotto di noi le galleria di mina….
In questa giornata stupenda…è strano visitare luoghi e strumenti di morte…
Ma è giusto ricordare, in tutti i sensi….sacrifici di vite giovani….morti decisamente in modo inutile.
La guerra è terribile….questi luoghi dovrebbero servire di monito…dovrebbero far riflettere quando per qualche motivo si diventa inutilmente cattivi….
Senza parole con la testa pieni di pensieri scendiamo gli erti scalini poco prima saliti in fretta.
Ora, in silenzio, risaliamo sui nostri mezzi a pedali e iniziamo una discreta e silenziosa discesa.
Le nostre bici ci consentono di scendere sicuri e rapidi.
In breve siamo alla chiesetta e riprendiamo la strada che porta alle Porte del Pasubio.
Lo  spettacolo che contempliamo quando passiamo le Porte è di una bellezza….ma di una bellezza…che non riesco a trovar parole….
Ma lo stomaco di parole ne ha una sola….Fame!
E ci fermiamo al Papa per un panino e una birra….e una fetta di strudel….
Con un buon caffè siamo presto pronti…
Salutiamo un gruppo di cantori che intonano canti alpini….e ripartiamo.
Ripassiamo le Porte e iniziamo la discesa lungo la via degli Scarubbi.
Questa strada era la via dei rifornimenti italiani alla prima linea. Purtroppo era sotto il tiro delle mitraglie e delle artiglierie nemiche. I rifornimenti dovevano arrivare durante la notte, senza luci, e truppe e mezzi dovevano avanzare curva dopo curva, di soppiatto senza farsi scorgere dalle vedette austroungariche. Si tenga conto anche che gli Scarubbi sono esposti a nord e quindi difficilmente percorribili nei mesi invernali e primaverili per la presenza di neve e la alta probabilità delle valanghe. E di neve allora ne veniva davvero tanta (erano anni di piccole glaciazioni). La situazione era insostenibile….e iniziarono i lavori di costruzione della famosa via delle 52 gallerie….
Ma noi possiamo scendere agevolmente e le nostre bici ci aiutano per bene.
Tornante dopo tornante, foto dopo foto scendiamo di quota….
Un’ ultima visita ad una postazione in galleria

e ci avviciniamo al passo dello Xomo.
Scendendo di quota ci siamo avvicinati alla nebbia che staziona in valle….
Il cielo non è più limpido ma grigio pianura padana.
Passiamo rapidamente vicino all’inizio della via delle Gallerie…
un saluto ai soldati di allora… e giù verso Ponte Verde lungo la stretta strada asfaltata.
Ci fermiamo solo un momento a leggere un cartello esplicativo.
Incredibile.  Sopra di noi avevano costruito una centrale di pompaggio di aria compressa per alimentare i martelli pneumatici necessari per lo scavo delle gallerie di mina, per la via delle Gallerie ecc….Chilometri di tubi di ferro posati e saldati per portare l’aria compressa fin lassù…
Penso con ammirazione ai tubisti di allora….al loro lavoro….le tubazioni dovevano tenere bene e sopportare le insidie delle cannonate, delle valanghe….e non avevano le saldatrici di oggi…
E che compressori avranno avuto?
Non abbiamo tempo per andare a vedere….ma la fantasia lavora….
A Ponte Verde ci immettiamo in strada per risalire verso Pian delle Fugazze e andare a visitare l’Ossario del Pasubio.
Moto e auto ci passano veloci e ci disturbano non poco. Dopo tanta quiete e tanta natura, il rumore del motore mi infastidisce.
Nei pressi del rifugio Balasso notiamo un cartello che indica segnaletica in direzione “Ossario”.
Da tempi davvero brevi, anche se dovessimo spingere per tutto il tempo, in meno di un’ora saremmo su…
E volentieri seguiamo le indicazioni.
Pedaliamo per un po’, poi sbagliamo via facendoci fuorviare da una larga sterrata che però finisce in niente.
Torniamo sulle nostre pedalate. Un fungaiolo ci da indicazioni precise e confortanti.
Ricominciamo la salita da dove avevamo deviato. Dopo un piccolo tratto a spinta una simpatica serie di tornanti sotto delle rocce fanno diventare divertente anche la dura salita
. Ancora un breve tratto a spinta (lavori agricoli e boschivi hanno reso poco pedalabile la via) e d’improvviso sbuchiamo proprio sotto l’Ossario del Pasubio.
Una nebbia da 2 di novembre avvolge la zona, quasi a proteggere le ossa di migliaia di giovani….
In silenzio, accompagnando a mano le mtb, ci avviciniamo….
Appoggiamo le bici al muretto ed entriamo nel triste edificio….
Migliaia di nomi…come ad Asiago…
Più  sopra dalle grate marmoree si distinguono le ossa…
Mi manca l’aria…mi sento a disagio…non per paura…ma mi sembra di sentire le voci e le grida dei morti dei feriti nel campo di battaglia….
Devo uscire all’aria…
Usciamo, guardo i cannoni “a difesa” dei poveri resti…
e ci dirigiamo alla vota del piccolo museo antistante l’Ossario.
Entriamo a visitare….c’è anche una scolaresca accompagnata da professori e da un generale degli alpini….
Mi piace che si spieghi ai ragazzi cosa è stata la guerra…mi piacerebbe che capissero….
Se si rendessero conto di quello che è stato, di quello che è la guerra….di cosa vuol dire combattere…sicuramente domani avremmo un mondo migliore….
Ma sta venendo tardi…
Flora ed io torniamo al nostro Camperone….che ci aspetta.
La nebbia ora si dirada sotto l’incalzare di un vento teso e freddo che spazza Pian delle Fugazze.
Infreddolito piazzo le bici sull’apposito trespolo e partiamo. Un ultimo saluto, un arrivederci, al Pasubio e ai suoi Denti, e scendiamo a Rovereto.
Ci piazziamo in una splendida area di sosta e dopo la doccia….una bella cena…
Domani ci aspettano lo Zugna e Passo Buole….
Un’altra pedalata…un’altra storia….

E' possibile vedere il video della escursione al seguente indirizzo di you tube:
https://www.youtube.com/watch?v=BHsryUY9k0o&list=UUPQfTmVUCV3Je1Knre--uNA