venerdì 18 dicembre 2015

Grande Guerra Mtb: Attorno alle Tofane

Le Tofane, il passo Falzarego col Lagazuoi, Le 5 Torri, la vallata di Cortina, la Croda Rossa e il Cristallo, sono stati teatri spettacolari della cosiddetta Guerra Bianca. Infatti durante la Grande Guerra su queste cime, per queste cime si combatterono battaglie cruente e senza esclusione di colpi. Venne modificata la morfologia delle montagne facendo esplodere mine spaventose con l'intento di scacciare il nemico dalle proprie postazioni. Attualmente questi luoghi sono meta di migliaia di turisti ogni anno. La presenza di tanti camminatori e bikers sui sentieri rende più dolce e "leggero" l'aspetto di questi monti. Durante l'inverno gli sciatori si divertono a scendere veloci con gli sci ai piedi dove 100 anni fa centinaia e centinaia di soldati di entrambi gli schieramenti soffrivano per il freddo e la fame e tantissimi morivano sotto valanghe spaventose. Gli inverni del 1915, e 1916 furono davvero terribili per temperature e quantità di neve caduta. Pensare solamente di abitare quelle postazioni oggi recuperate con l'attrezzatura di allora fa  davvero impressione, pensare poi che oltre al gelo e alla neve si doveva fare i conti anche col nemico che non esitava a sparare e a cannoneggiare fa decisamente accapponare la pelle. Certamente i ragazzi che si combatterono in queste zone erano davvero molto forti, avevano un'altra tempra ed una ferrea volontà di sopravvivenza. Il continuo rumore degli spari e delle cannonate, la paura delle mine che potevano esplodere da un momento all'altro, dovevano essere un tormento davvero importante per quei giovani. A questo si aggiunga che, probabilmente, una notte vera e propria non c'era. Erano infatti in continua azione grandi fotoelettriche che sondavano continuamente le postazioni per scorgere anche il minimo movimento. Probabilmente gli unici momenti di "pace" si avevano quando le fitte nebbie avvolgevano le montagne. Si approfittava di questi momenti per svolgere lavori all'aperto, quali scaricare i materiali di scavo delle gallerie di mina, spostameto di feriti e morti, sistemazione di baracche, trasporto viveri ecc..  Fortunatamente l'uomo non ha dimenticato questi anni e questi soldati e si è dato da fare per recuperare memoria e siti dove i nostri bisnonni si combatterono. I recuperanti più moderni insieme agli alpini con l'aiuto di gente austriaca e tedesca si sono dati da fare per riportare alla luce il lavoro incredibile che i soldati di allora fecero su queste montagne in modo da tenere viva la memoria di quegli anni. 
Con questo itinerario ci proponiamo di compiere un anello attorno alle Tofane cercando di sfiorare i luoghi più significativi della Grande Guerra. In alcuni tratti potremo vederli solo da lontano, ma tanto fa. Per una giornata ci sentiremo soldati vaganti lungo il fronte, senza però tralasciare la bellezza del panorama ed andando a scavare fra le leggende più belle di queste valli. Qui risiede il popolo ladino, con tutta la sua storia e le sue tradizioni.
L'itinerario proposto è davvero emozionante ed estremamente panoramico, tecnicamente abbastanza facile nella maggior parte della sua estensione, ma con alcuni passaggi davvero impegnativi e tecnicamente pregevoli. Alcuni tratti richiedono bici a spinta o portage.
Lunghezza: 44km
Dislivello: 1600 mt
Difficoltà: MC (alcuni tratti MC+) /MC (discesa finale BC)
Tempo di percorrenza con soste: 8h
Punti di ristoro e acqua: presso Malga Valparola, Passo Valparola, Passo Falzarego, Malga Fanes.
Cartografia: Carta Kompass n°624 Alta Badia, Carta Kompass n°617 Cortina d’Ampezzo, Bike map Cortina 2014
Emergenze storiche: Cimitero Austroungarico di Valparola, Forte Intra I Sasc,  Ospedaletti .
E’ possibile scaricare il file *.gpx al seguente indirizzo: 
http://tc.mtb-forum.it/traccia.php?id=280790
Mediamente ogni anno veniamo in Alta Badia a trascorrere le ferie estive e col nostro piccolo camper ci piazziamo presso il campeggio Sass d'Lacia
di Sarè, una località ai piedi del passo di Valparola appena passata l'Armentarola di San Cassiano. Siamo praticamente al confine fra le province di Bolzano e di Belluno. Ormai siamo di casa e conosciamo tanta gente, in particolar modo abbiamo un rapporto quasi famigliare con gli autisti degli autobus con cui ci spostiamo in lungo e in largo per la Val Badia. Di fronte al campeggio, dall'altra parte della strada c'è il Centro Fondo che noi abbiamo eletto come punto di partenza del nostro percorso cicloescursionistico. Il meteo ci garantisce una giornata davvero bella e luminosa e decidiamo di partire nonostante la pioggia del giorno precedente. L'aria è davvero fresca,
ma contiamo di scaldarci nella dura salita che la via ci propone quasi subito percorrendo la bella strada bianca che si immette sul sentiero n°18 e conduce a Malga Valparola.
Dopo un primo tratto molto tranquillo e adatto a scaldare le gambe, le pendenze aumentano bruscamente.
Il sole riscalda velocemente il suolo che "fuma" abbondantemente creando divertenti giochi luce . Anche noi emettiamo vapore acqueo, sbuffando sui pedali, mentre silenziose mucche fumanti ci guardano con scostante indifferenza. Passata la malga,
la strada bianca sale decisa con una serie di tornanti fino a sbucare sulla statale che sale al passo Valparola. Detta così è facile, ma pedalare su questa ripida strada bianca richiede energie notevoli. Dopo un pò sostia o per alleggerire il nostro vestiario, il sole si fa sempre più potente e sudare inutilmente non va bene. Passiamo la sbarra che delimita la strada bianca e ci immettiamo sull'asfalto che porta al passo di Valparola. Evito di tediare il lettore descrivendo curiosi siparietti tra noi pedalatori di mtb e pedalatori da "bitume".  Quindi percorriamo poche centinaia di metri sull’asfalto prima di girare a sinistra sulla strada bianca in direzione forcella Salares (sentiero 18B). Con una piccola deviazione è possibile visitare un piccolo cimitero di guerra austroungarico.
Il piccolo cimitero è sempre ben ordinato e curato, ed immerso nel verde infonde commozione ma anche grande pace. Parole toccanti sono scritte nella piccola cappellina all'interno. Proseguiamo pochi metri verso la Forcella Salares quando il mio sguardo, normalmente attento a schivare mucche e loro sottoprodotti concimanti, viene attratto da un qualcosa sull'altro lato della strada. Mentre Flora continua la sua marcia, mi fermo un attimo a curiosare.
Sembra un cippo che ricorda le truppe che ivi combatterono o furono di sussistenza a quelle in prima linea poco più su. Qui passava la vecchia strada del passo di Valparola e sicuramente i rifornimenti passavano di qui. Superiamo due frane di ghiaia bianchissima e grossolana su cui è stato ricavato un sentierello sconnesso
che ci costringono ad un tratto di bici a spinta. Rientriamo sulla strada statale poco prima del passo di Valparola, Il panorama che si gode da qui è davvero spettacolare e non possiamo non fermarci a fare qualche foto.
Arriviamo al passi di Valparola e lo sguardo corre immediato al Col di Lana, al Sief e ai Settsass. Nel laghetto sotto il passo ci sembra di riconoscere i crateri delle bombe che sicuramente qui sono cadute copiose.


E qui ci vuole una giornta di visite intense per vedere tutto quello che è stato recuperato e messo a disposizione dei visitatori. Il museo del Forte Intra i Sasc (Tre Sassi)
sempre più completo e pieno di cimeli, libri, foto ecc. Appena sotto il forte è stato recuperato e  restaurato un piccolo villaggio  militare  un ragazzo cerca di vivere come allora.

sono state recuperate anche tante trincee che guardano direttamente alla parte italiana del Col di Lana.
Percorriamo pochi metri di asfalto nel parcheggio sotto il Sass di Stria per imboccare un sentiero davvero gradevole. Anche il Sass di Stria è stato modificato in modo pesante dalla Grande Guerra. I suoi versanti sono solcati da Tincee longitudinali e trasversali che collegano ogni metro della montagna. Passarle tutte richiede parecchio tempo ed una escursione a se stante (rigorosamente a piedi)


La discesa verso il passo Falzarego è costituita da un bel sentierino (n°18-23). Scendiamo sotto le ripide pareti del Sass de Stria, oggi attrezzate a palestra di arrampicata,
ma che cento anni fa servivano da ricovero e riparo ai soldati austriaci. La bellissima piramide rocciosa del Sas de Stria, che fronteggia il massiccio del Lagazuoi Piccolo, è infatti interamente solcata da trincee di arroccamento, recuperate in modo mirabile negli ultimi anni. Sopra di noi c'è la galleria Goiginger che attraversa buona parte del Sass di Stria al riparo delle armi italiane sulla Cengia Martini.

All'uscita della Galleria Goiginger altre postazioni altre gallerie, non si finisce più di visitare.
Il sentiero si snoda in una prima parte fra gradini di sassi (non difficili) e tratti scorrevoli, dove fanno ancora mostra di se ruderi in calcestruzzo della Grande Guerra (da queste parti passa il trincerone Vonbank)
La bella discesa  corre ora fra sassi ed abeti e dopo un tratto prativo abbastanza ripido,
termina in una strettoia in salita. Da qui con un piccolo tratto a spinta arriviamo al Passo Falzarego,
Al passo mi infilo fra i parcheggi e cerco il sentiero che dobbiamo imboccare per salire in quota. In teoria sulla carta dovremmo imboccare il sentiero sentiero 423/402. In realtà ho disegnato la traccia a mano col pc e quindi non è proprio precisissima, fatto sta che non vedo al volo i segnavia corretti e mi infilo sul 424
che malauguratamente scende quasi al rif Col Gallina. Troppo basso! Vediamo le indicazioni di un sentiero che sale all'attacco della via Ferrata Brigata Alpina e di comune accordo decidiamo di salire cmq agli Ospedaletti. Dopo un primissimo tratto quasi pedalabile la via si fa ripida e ci costringe con le bici a spinta
e poi, in presenza di una lunga serie di gradini, al portage.
  Il tratto bici in spalla termina nei pressi degli “Ospedaletti”, un ampio spazio pianeggiante a quota 2200m circa dove, durante la Grande Guerra, furono edificati gli ospedali da campo per i feriti della zona Tofane/Cengia Martini.
Da qui infatti sale il ripido sentiero che porta al Col dei Bos e all’attacco della Ferrata “Brigata Alpina”. Siamo sotto le Torri del Falzarego e davanti a noi si ergono alcune fra le cime più belle delle Dolomiti: il gruppo delle 5 Torri con Averau e Nuvolau, la Croda da Lago,
i giganti Antelao e Sorapiss e, più in là, il Pelmo e la muraglia del Civetta.
Dopo un attimo di riposo cominciamo a scendere per la strada militare italiana che a tornanti ci riporta sulla statale che scende a Cortina. Scendiamo ancora per circa 3 km su asfalto, poi svoltiamo a sinistra seguendo la strada che porta verso il rifugio Dibona (sentiero 406). Sopra di noi torreggia la Tofana di Rozes, talmente grande che si fatica a fotografarla.
Non è il caso di soffermarsi troppo nel raccontare le vicende per la conquista militare della Tofana di Rozes e del Castelletto, la battaglia di Fontana Negra e delle 3 Dita, non mi soffermo ma ci sono pagine e pagine di storia che ne parlano diffusamente. Quando la strada addolcisce le pendenze è il momento di abbandonarla, proseguendo per il sentiero 406 che ci porta sotto i Torrioni di Pomedes. Il sentiero corre ampio e dolce in un bosco rado e luminoso.
Nonostante le piogge forti del giorno prima la via resta assai scorrevole e la terra bagnata non rappresenta un problema degno di tale nome. Schizziamo le bici di acqua sporca, niente di più, domani un pio colpo di straccio rimette a lucido i mezzi.  L’ultimo tratto ci porta ad attraversare le piste da sci di Piè di Tofana. Ora dall’alto ci osserva la Tofana di Mezzo, mentre sulla nostra destra fanno capolino, sopra il bosco, il gruppo del Sorapiss, imponente e serioso e il gruppo del Cristallo illuminato dal sole.
  L’altezzoso Antelao si va defilando alle nostre spalle
. Velocemente percorriamo la strada con segnavia 410, salutando i numerosi escursionisti che camminano tranquilli in ordine sparso. Mentre il sentiero 410 scende verso il rif. Ghedina, noi procediamo seguendo la comoda strada bianca, per poi imboccare il sentiero con segnavia 409 che sale ripidamente alla nostra sinistra. Il sentiero resta ampio ma con qualche tornante in salita ripida.
Dopo la secca salita la via ritorna ad essere uno stupendo saliscendi estremamente panoramico.
Poco più avanti, è possibile sostare per una pausa merenda nei pressi di una fontanella, su una panchina che offre di fronte a noi un paesaggio maestoso, nel cuore del Parco delle Dolomiti Ampezzane: gli splendidi colori della Croda Rossa,

si notano in un angolino alcuni manufatti in calcestruzzo, sicuramente osservatori militari .

le forme robuste e massicce del Cristallo e del Pomagagnon e sotto, verdeggiante, la conca.Ampezzana.  Chiaramente si possono citare le battaglie del Cristallo, e della Croda Rossa, chi ha percorso i sentieri attrezzati su questi monti ricorda certamente le vestigia militari del passato degnamente recuperate. Noi siamo dall'altra parte della valle e continuando a pedalare,  sembra venirci incontro il bel profilo aguzzo del  Col Rosà.
Anche su questa aguzza guglia rocciosa, elegante e signorile.  si è combattuto. Alla cima del Col Rosà si può accedere con via Ferrata di medio livello (non difficile ma esposta) oppure per un bel sentiero a tornanti.  Al Passo di Posporcora Dove inizia il sentiero di avvicinamento alla via ferrata iniziamo una decisa discesa, su fondo un po’ insidioso di pietre smosse. La discesa è lunga , non difficile, ma è necessario mantenere la concentrazione. Lo strato di ghiaia smossa e grossolana fa "navigare" la ruota anteriore della bici, mentre quella posteriore tende inesorabilmente a bloccarsi. Pur facendo pressione sul posteriore le mie coperture da 29x 2,25"  tendono inesorabilmente a strisciare sul terreno. Pur pinzando delicatamente i freni, non c'è verso di migliorare la situazione. Scendiamo fino al ponte dei Cadoris,
sospeso su un profondo canyon formato dal rio Travenanzes, fino ad incrociare la strada per Malga Fanes.  La strada bianca sale in modo davvero deciso con pendenze sempre impegnative.
Ogni tanto le pendenze calano lievemente e, anche se per poco, danno modo al biker di rifiatare. Alcuni bikers che incontriamo e scendono in senso opposto al nostro ci dicono che la salita è dura e lunga. Non conoscono i cnghiali dell'Appennino. Grazie alla mia super leggera ( anche se datata) Scalpel riesco a pedalare per quasi tutta la salita, Flora con una bici più pesante fatica un pò di più, ma avanziamo con dignità e grinta. Guadagnando quota la vallata inizia ad aprirsi, costeggiando il Rio Fanes, con alla nostra destra le ripide pareti del Col Bechei di Sotto e alla nostra sinistra la Croda del Vallon Bianco. Faticando arriviamo al lago di Fanes, un incantevole specchio d’acqua limpida tra i prati di un verde brillante quasi accecante.


Qui conviene fare un’ulteriore sosta ristoratrice per animo e gambe. Ci aspetta l’ultimo strappo prima di arrivare a Malga Fanes Grande, sull’altopiano dei Fanes, una vallata di alta quota (siamo a 2100m) estremamente affascinante.
L'ultimo strappo è davvero tosto, lungo il Rio Fanes, con lo strato di ghiaia alto e scivoloso che ci impedisces di pedalare con efficacia. Dobbiamo prpvare a salire lungo i sassi fissi e scoperti o selle piccole lingue di erba ai lati della strada, ma è dura sul serio. Per arrivare a Malga Fanes Grande lasciamo il sentiero n°10 che ci porterebbe al lago del Limo e al rif. Fanes, e seguiamo il segnavia n°11. Chi avesse ancora un po’ di energia nelle gambe può pedalare ancora un po’ ed arrivare fino al Lago del Limo. Da lì si gode una vista stupenda sulla sottostante vallata, sui rifugi Fanes e Lavarella. Più in là spuntano le bellissime cime del Sass Ciaval, del Sasso delle 10 e del Sasso delle 9, dove sulle incredibili placche sono tracciate delle vie aperte da Messner. Appena sulla destra si apre la grande vallata che porta ai Conturines e al gruppo del Lavarella. L’ampia vallata ci porta alla mente la leggenda dell’antico regno dei Fanes.

La leggenda narra dell'espansione e del declino del Regno dei Fanes, in origine un popolo mite, caratterizzato dall'alleanza con le marmotte dell'omonimo altipiano: quando però la Regina sposó un Re straniero avido e bellicoso che arrivò a sostituire con un'aquila lo stemma dei Fanes, raffigurante da sempre una marmotta, il clima cambiò. Ben presto fece della figlia Dolasilla un'amazzone imbattibile, aiutata dalle frecce infallibili e dalla corazza impenetrabile donatele dai nani. Con Dolasilla al suo comando il Regno si espanse fino al fatale incontro della principessa col guerriero nemico Ey de Net. I due, in realtà già incontratisi anni prima, si innamorarono e decisero di sposarsi. Il Re si oppose duramente fino alla fine, in quanto i nani gli avevano predetto che l'invincibilità di Dolasilla sarebbe durata solo fino a quando non si fosse sposata. Prevedendo la fine del suo regno, il Re vendette Dolasilla e il suo popolo, mandandoli allo sbaraglio nell'ultima battaglia, nella quale Dolasilla morì, uccisa dalle sue stesse frecce, rubatele con l'inganno dallo stregone Spina de Mul. Il Re traditore venne tramutato in pietra e i pochi supersititi del Regno dei Fanes si recarono con le marmotte in un antro sotto le rocce del loro regno, dal quale aspettano che suonino le trombe argentate che ne segnaleranno la rinascita.
http://www.ilregnodeifanes.it/italiano/saga.htm

Davvero stanchi ci concediamo una sosta alla Malga di Fanes Grande.

Davanti ad uno splendido dolce ed una fresca birra, spariscono tutte le stanchezze. Ora sappiamo benissimo cosa ci aspetta, qui siamo un pò a casa nostra.
Dopo la meritata sosta alla malga, riprendiamo a pedalare verso il Col de Locia (sentieri n° 10 e 17). Il sentiero corre veloce sotto le nostre ruote sull’altopiano fra i Ciampestrin e il gruppo dei Conturines,
fra mucche e cavalli in libertà. Ora le nostre bici corrono veloci lungo l'ampio e scorrevole sentiero, un pò si sale, molto si scende.
Salutiamo gli escursionisti che incontriamo numerosi mentre arriviamo alla base della salita che porta al Col de Locia (sentiero n°11). Anche questo tratto è meno impegnativo delle aspettative. Pedalando su questo splendido sentiero si passa nei pressi di albero fossile (è rimasto solo l'apparato radicale davvero pregevole). Questo albero fossile è in situ da moltissimi anni, tant'è che ricordo di aver visto una foto di un uffciale austroungarico accanto a questa enorme radice. Ho guardato in internet per  trovarla, ma senza risultato degno di nota.
 Bisogna necessariamente prestare grande attenzione al traffico di escursionisti. L'ultimo tratto in ripidissima salita con gradoni è necessariamente fatto con bici a spinta.  Dall’ampia balconata il panorama si apre sulla Val Badia, con l’ampio altopiano dei Pralongià, il Sassongher, il gruppo del Sella, i Settsass, e un po’ nascosto il Lagazuoi piccolo
. Sullo sfondo si riconosce la Marmolada e il ghiacciaio, purtroppo sempre meno esteso. Sopra di noi c’è la caverna dell’Orso dei Conturines, a quota 2700m.

Alla fine degli anni '80 ci fu il ritrovamento della grotta del Conturines e di resti fossili appartenenti a molti esemplari di orso delle caverne. L'eccezionalità del ritrovamento del Conturines consiste nel fatto che si tratta della prima e per ora unica traccia sia di Ursus Ladinicus che di Ursus Spelaeus dell'intera zona dolomitica. Sorprendente e eccezionale anche la quota alla quale è stata scoperta la grotta. Impossibile finora accertare le cause che portarono gli orsi a perire nella grotta del Conturines; si presume tuttavia che una singolare concomitanza di fenomeni geologici e glaciali a carattere erosivo abbiano ostruito l'uscita, determinando la fine prematura dei mammiferi. Gli esperti escludono comunque che si tratti di un cimitero collettivo, poiché l'orso delle caverne era un animale solitario e scorbutico che non si muoveva in branchi. La presenza di molti cuccioli conferma che i reperti non appartengono a una fossa comune. Quanti anni fa vissero gli orsi vissero sulle Conturines? La domanda tormenta lo specialista e interessa molto pure chiunque visiti la grotta; ma finora non possiamo dare una risposta sicura, perché non sono ancora disponibili datazioni dirette dei resti fossili. Dagli ultimi risultati appare comunque certo che l'orso delle Conturines è vissuto sulle nostre montagne non meno di 39.000 anni fa. A S.Cassiano c'è il museo dell'Orso, che vale sicuramente la pena di visitare.

 Ora ci separa dall’arrivo solamente la discesa, 400 m di dislivello circa. Il primo tratto a gradoni  per noi è decisamente impossibile, e lo percorriamo accompagnando la bici, sia per la difficoltà tecnica che per il notevole numero di escursionisti a piedi su di un tratto stretto.  Dopo la fontanella sulla sinistra  la discesa poi prosegue con tratti più percorribili più abbordabili. Provo a fare qualche tratto in sella. Ho sempre il problema della ghiaia smossa che mi fa inesorabilmente derapare, ma dove il fondo è più compatto la discesa è davvero un bel divertimento. Prestiamo attenzione agli escursionisti a piedi.  che in modo spesso disordinato si sparpagliano lungo la via. Ma non c'è problema.

Arrivo di volata in fondo alla discesa, devo superare un ponticello alla mia destra sul rio, mi rilasso e...il manubrio si gira come se fosse uno scherzo di qualche folletto dispettoso, e mi ritrovo ad appoggiare il ginocchio e d una mano, per altro assolutamente incolumi. La mia preoccupazione è per la leggiadra Scalpel. Non c'è nulla di fuori posto (andavo veramente piano) se non il mio orgoglio...cadere proprio in mezzo ai pedoni non va bene!!
La discesa termina nei pressi della Capanna Alpina,dove dalla strada asfaltata o con un sentiero
interno è possibile ritornare al punto di partenza presso il Centro Fondo. Noi facciamo una sosta alla piccola chiesetta che è in mezzo ad una splendida radura per ringraziare la Madonna per la bella giornata che ci ha regalato, perchè non ci siamo fatti male ecc ecc ecc...
al camper confrontiamo le nostre zampe per vedere chi è più sporco....

E' possibile per chi lo vuole, guardare il video della escursione al seguente indirizzo: