martedì 15 dicembre 2015

Il Tour della Grande Guerra (2° giorno)

La cena a Capanna Bill ha reintegrato le energie disperse, la notte ben dormita ci ha dato l'entusiasmo necessario per affrontare nel migliore dei modi la nuova giornata di mtb, di fatica, ma anche di paesaggi incredibili, di emozioni davvero grandi. Siamo altresì consci che, pedalando, calpesteremo terre sulle quali morirono tanti giovani dilaniati dalle bombe, falciati dalla mitraglia. Ma il tempo passa inesorabile e la nostra società in qualche modo progredisce e copre quella terra e quei corpi. Ma la memoria deve vivere, e con questo giro vogliamo si divertirci ma nello stesso tempo ricordare tutti quegli uomini che si batterono per la loro patria.
Vado allora a raccontare il nostro viaggio, la nostra avventura di qua e di la dal fronte bellico di cent'anni fa.

CAPANNA BILL – CENTRO FONDO SARE’
Lunghezza: 40 Km
Dislivello: 1700m+; m-1750
Difficoltà: MC (alcuni tratti MC+) /MC (un tratto breve BC)
Tempo di percorrenza con soste: 8h
Punti di ristoro e acqua: rifugio Passo Fedaia, rifugio Passo Padon, Arabba, Cherz, rifugio Marmotta, rifugio Piz Arlara, rifugio Pralongià.
Cartografia: carta Kompass n°624 Alta Badia, carta Kompass n°616 Val Gardena-Sella-Canazei, carta Tabacco 015 Marmolada-Pelmo-Civetta-Moiazza
DESCRIZIONE DEL PERCORSO
La mattinata si presenta fresca ma limpida e serena, non c'è una nuvola in cielo e lasciamo Capanna Bill per salire verso il Passo Fedaia.

I tornanti che portano al passo Fedaia sono caratterizzati da una pendenza al 15%, ma non ci risultano eccessivamente faticosi, siamo freschi ed entusiasti e l'idea di andare a prendere gli impianti di risalita per passo Padon non ci passa nemmeno per l'anticamera del cervello.
Davanti a noi la Marmolada e il Sasso Vernale. Lassù, dove solamente vivere era difficile, si svolsero battaglie epiche, combattute da alpinisti veri e da semplici fanti addestrati. Si scavarono gallerie nel ghiaccio, si costruirono villaggi abbarbicati sul niente. E' strano pensarci oggi, mentre senza un cigolio le funivie si mettono in moto e sopra di noi passano inermi e pacifici seggioloni per il trasporto persone. Una volta passavano teleferiche traballanti cariche di materiali, armi e uomini.
.Al passo Fedaia
arriviamo in poco tempo, decidiamo di non sostare e cominciamo la dura risalita al Passo Padon. Il passo sarà la nostra "cima Coppi" di oggi e...prima ci saremo meglio sarà. Quindi percorriamo il sovrappasso della strada seguendo le indicazioni per passo Padon. Il passo è proprio sopra di noi, dall’altra parte della strada la Marmolada si erge in tutta la sua bellezza .
Appena sotto di noi il lago artificiale. Sappiamo di dover faticare parecchio, la salita è "secca" e quindi la prendiamo decisa, ma ci concediamo parecchie pause cultural-fotografiche. In questo modo consideriamo di sentire un pò meno la pesantezza del dislivello.
Dopo un primo duro strappo, a causa del quale dobbiamo scendere di sella e spingere la bici ci troviamo a pedalare su una bella strada bianca a pendenza assai dolce in mezzo ad ampi prati. Cartelli appositamente installati ci indicano la possibilità di vedere reperti della Grande Guerra. C'è un osservatorio militare, che ci accontentiamo di vedere da lontano ed un antico cippo di confine. Il cippo è a pochi passi da noi, non possiamo farcelo sfuggire.


 Quindi se l'antico confine era qui....il fronte non poteva essere tanto lontano...nel giro di poche centinaia di metri dovevano sorgere reticolati e trincee... Probabilmente i lavori per la costruzione delle moderne piste da sci hanno cancellato parecchie tracce della Guerra...e forse è meglio così, ma mi sembra corretto evidenziare ciò che rimane di allora.
Lassù corre ancora il sentiero degli obici...
Mentre Flora riprende a pedalare decisa ed inizia ad affrontare una ripidissima pista da sci (sulla strada bianca lavori di consolidamento e rifacimento con camion e ruspe ci sconsigliano quella via) mi fermo un attimo in più per fotografare una marmotta su una roccia li di fianco. Mi avvicino guardingo. La marmotta pare non considerarmi e sta ferma li. Tra l'altro mi sembra di aver visto qualcosa che potrebbe essere una traccia di guerra....
Ad un certo punto sento qualcosa muoversi vicino alle mie gambe...giro l'occhio e vedo una viperotta che se ne striscia via, quasi infastidita...resto immobile e impaurito per qualche secondo e poi, dimenticando completamente le marmotte al sole, riguadagno con molta attenzione la via per la strada bianca e salgo in sella alla mia Scalpel. Qui mi sento assai più sicuro. Mentre Flora è già lassù scendo dalla bici e me la metto in spalla per percorrere la ripida pista nel modo più veloce possibile. Il fondo è abbastanza vigliacco e salgo al ritmo di due passi avanti ed uno indietro. Sbuffando non poco arrivo alla fine della pista e insieme a Flora rientro nel percorso originale. Sempre pista è, ma un pò meno ripida.Salgo in sella e provo a pedalare. In effetti riesco a progredire ma con grande fatica e dispendio energetico. Così duro poco! Quindi smonto e percorro un altro centinaio di metri spingendo il mezzo a pedali. Ora la strada bianca assume una pendenza abbordabile e mi azzardo a pedalare. Con ampi tornanti la via sale decisa verso passo Padon. Ancora uno strappo assai cattivo mi costringe al comodo portage (la mia bici pesa molto poco...). Mi volgo a vedere dove si trova Flora. E' appena li sotto, molto bene. Nello stesso momento mi appare la visone della Marmolada. Stupenda montagna che si staglia contro il cielo azzurro.



Il ghiacciaio che si va ritirando sistematicamente, sempre di più, anno dopo anno, mette in mostra rocce lisce e lavorate dal ghiaccio, e fa ritrovare ogni anno resti di cent'anni fa. La salita al Padon è veramente dura, ma ormai siamo su. Un ultimo strappo e ci siamo. Arriviamo a passo Padon dove, prima di iniziare la discesa ci fermiamo ad ammirare la Marmolada e il Gran Vernel.
 Di fianco a noi parte il famoso Sentiero degli Obici .
Alcuni ciclisti si avventurano lungo questa via..li invidio un pò, ma non si può avere tutto, noi abbiamo il nostro da fare...Dall’altra parte vediamo già i Pralongià. Là dietro c’è il nostro punto di arrivo. La pista da sci che dobbiamo percorrere in discesa è veramente ripida e la ghiaia alta e scivolosa. Provo a scendere in sella, ma ben presto mi devo arrendere, la bici va dove vuole e si rifiuta di obbedire ai comandi. Le ruote raspano nel terreno ghiaioso rendendo inguidabile il mezzo. Riesco a scendere di sella prima che intervengano problemi. Scendiamo questo breve tratto con le bici a mano, e anche così si fatica a stare in piedi. Salutiamo un quartetto di ciclisti che sale in senso contrario. Poi la via diventa una bella strada bianca larga e comoda (segnavia 669).
Scendiamo veloci fra verdi prati che in inverno diventano veloci piste da sci.
La bella via ci propone  tutta una serie di saliscendi divertenti. Pedalando incontriamo gruppetti di mucche e cavalli che ci osservano con curiosità. Ad un certo punto un cavallo sosta burbero in mezzo al sentiero. Testa bassa e non ci guarda, sta fermo li ben spalleggiato da un paio di vacche assai serie. Mi fermo e poi esorto le vacche a spostarsi. Con fare scocciato le vacche si alzano e pigramente vanno a ruminare più in la. Anche il cavallo lentamente si sposta e segue le compagne di pascolo. Via libera. Sotto Porta Vescovo la via si impenna bruscamente costringendoci a spingere la bici per qualche metro. Più che la pendenza ci ferma il fondo del sentiero; la ghiaia grossolana e fitta impedisce alle nostre ruote di far presa sul terreno.
Dopo una rapida sosta per riprendere fiato riprendiamo la marcia. Sotto Porta Vescovo il nostro sentiero ora si unisce con la strada che scende da Porta Vescovo e cominciamo la discesa verso Arabba (segnavia 680).
Davanti a noi si erge il gruppo del Sella. Capanna Fassa fa bella mostra di sé in vetta al Piz Boè.
La in fondo c'è il passo Pordoi, con il monumento ai ciclisti, ma poco sopra il passo, un pò defilato ed austero sorge il sacrario dedicato ai morti della Grande Guerra. Ci si arriva da una stradina con pochi passi a piedi. Da lì il panorama è stupendo, come a dare pace ai poveri resti qui sepolti. La commozione è naturale. Prima di iniziare la discesa ci fermiamo un attimo, cerchiamo il sacrario con lo sguardo. Lo troviamo quasi subito, è un punto scuro sul verde versante della montagna. Un attimo di raccoglimento e ripartiamo. Abbandoniamo quindi il sentiero n°680 e scendiamo per una strada bianca a tornanti che fa invidia alle nostre migliori strade asfaltate.
Lasciamo correre le nostre mtb fino ad arrivare sulla strada che dal Passo Pordoi scende verso Arabba. Scendiamo veloci lungo il nastro di asfalto per qualche tornante e poi ritorniamo off road lungo un ampio sentiero che inizia nel mezzo di un tornante scendendo sulla nostra destra.  La discesa fino ad Arabba è abbastanza banale e molto veloce


e in un attimo ci ritroviamo in piazza al bel paesino, dove conviene sostare per mangiare qualcosa prima dell’ultima salita. Lasciamo quindi Arabba e scendiamo lungo la strada per Livinallongo per un paio di chilometri, poi giriamo a sinistra in decisa salita verso il piccolo abitato di Cherz. La strada salendo ci mostra ancora una volta la cima del Piz Boè, poi tornante dopo tornante ci avvicina alla verdeggiante cima del Col di Lana.
Il profilo della montagna vista da questa parte è meno consueta. Tutti conoscono il profilo martoriato del Col di Lana e del Sief visti dal passo di Valparola (da dove siamo passati ieri)
Da questa parte la ontagna risulta verdeggiante e dolce, come a voler nascondere la grande tragedia che si è consumata nei primi 3 anni di guerra. Infatti, nonostante la conquista del Col di Lana grazie alla grande esplosione della cima, nell'autunno del '17, dopo Caporetto, le truppe italiane dovettero abbandonare tutte le posizioni per arretrare ed andare a difendere sul Grappa e sul Piave. Attraversiamo Cherz


e per piccola strada forestale ci avviciniamo ai verdi prati dei Pralongià (segnavia 1022).
Il bosco ci protegge dal sole mentre la bella stradina ci avvicina, salendo a strappi,
a Malga Cherz e al passo dell’Incisa.
 I Pralongià si mostrano a noi da un versante nuovo e decisamente molto bello. Il numero degli escursionisti si va facendo sempre più numeroso e dobbiamo prestare attenzione soprattutto nelle parti in discesa.
Dal passo dell'Incisa si arriva velocemente al rif. Marmotta. Da qui in poi è come se fossi a casa, conosco benissimo tutte le stradelle inghiaiate che corrono avanti e indietro sui Pralongià. Faccio il punto della escursione con Flora. A questo punto è possibile scegliere tra due opzioni: se si è particolarmente stanchi si può salire direttamente, con ripida salita, al rifugio Pralongià, e di qui scendere al Centro Fondo, oppure, seguendo la traccia sul gps, proseguire in discesa. E' ancora presto e abbiamo ancora birra da spendere, optiamo per seguire la traccia gps.  Voglio vedere come intende chiudere il giro. Dalla relazione scritta non capiamo bene come intenda arrivare al rifugio Pralongià. Scendiamo quindi seguendo le belle strade bianche (segnavia 24), verso Corvara,
Quando arriviamo sopra i campi di golf rifacciamo il punto. Davanti a noi fanno bella mostra di se il Sassonger, il gruppo del Puez e i Cir
La traccia mi porta a scendere a Corvara...non voglio arrivare a Corvara per poi risalire per ripidissime vie fino al Rif. Pralongià. Quindi abbandono la traccia gps e salgo verso Piz Arlara(segnavia 23).La salita che ci aspetta per arrivare al Piz Arlara è veramente dura, ma lo spettacolo che si gode da questo punto è davvero eccezionale e si riesce ad intuire tutto il percorso fatto dalla Marmolada fino a qui.
La salita al Piz Arlara ha davvero richiesto molto e quindi ci fermiamo per uno spuntino rigenerante. Manca poco ma non siamo ancora arrivati.
Volgendo lo sguardo a nord ci appare dabanti lo splendido gruppo dei Conturines e del Sasso della Croce.
Questi bei prati in quota non sono stati testimoni diretti di combattimenti nella Grande Guerra. Appena sotto di noi, a Corvara, a La Villa c'erano i comandi e le retrovie, tuttavia il fronte era assai vicino e il rumore delle cannonate faceva sicuramente da colonna sonora alla vita normale di questi paesi. A la Villa abbiamo poi trovato una splendida mostra fotografica sulla Grande Guerra, con foto d'epoca davvero splendide nella loro drammaticità. Tuttavia nelle foto dei personaggi traspare una sorta di "normalità" che davvero fa impressione.  Dopo la sosta riprendiamo le nostre mtb e ci dirigiamo verso Utia Bioch e di qui verso il rifugio Pralongià (segnavia 23). Il percorso è un bel saliscendi su strada bianca assai facile, ma in stagione occorre prestare la dovuta attenzione al notevole flusso di turisti, escursionisti e bikers.
Altro conciliabolo famigliare. Scendiamo direttamente verso il Centro Fondo o.... Siamo in anticipo sulla tabella di marcia e decidiamo per una bella variante. Dal Rifugio Pralongià, cominciamo a risalire verso la cima dei Pralongià, seguendo il sentiero di cresta (segnavia 23). La salita non è cattiva, ma l'acido lattico nelle gambe si fa sentire. 


Dalla cima il paesaggio è davvero bello e dolce. Conosciamo queste zone davvero bene, ma ogni volta che veniamo lo spettacolo è diverso e sempre emozionante.
Percorriamo ora  il bel single track in cresta
con cui arriviamo fin sotto il bel massiccio dei Sett Sass.Stiamo tornando verso il Col di Lana...Dai Settsass i Kaiserjager davano man forte ai compagni d'arme piazzati sul Sief per respingere gli attacchi dei nostri Alpini. Nei prati sotto il Sief e il Col di Lana si ritrovano ancora spezzoni di granata di grosso calibro.
Quando il bel prato verde termina, per lasciare posto alla bianca roccia che caratterizza i Sett Sass, giriamo in discesa. Di qui a Sarè è una unica tirata su strada bianca di circa 6 km, con pendenza non eccessiva ma dal fondo un po’ smosso. I 6 chilometri passano veloci ed in breve siamo in vista del Centro Fondo, dove terminano i nostri due giorni sul giro della Grande Guerra.

E' possibile vedere il filmato di questo secondo giorno di escursione al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=YY2ADbVtSuc


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