giovedì 15 gennaio 2015

GRANDE GUERRA TREK: LA FORRA DEL LUPO.

Di questo luogo dai contorni irreali e un poco magici avevo visto degli spezzoni di filmati su internet, e delle foto. Filmati e foto sono stati realizzati da professionisti dell’immagine. Il luogo in questo modo si era ammantato, nella mia fantasia, di un alone davvero speciale ed avevo maturato l’idea, davvero strana, che non sarei mai arrivato a vederlo. Mi sembrava un posto in capo al mondo, un sito tipo “ l’isola che non trovata” (di Gucciniana memoria…quella che il re di Spagna seppe dal cugino…il re di Portogallo…con bulla del Pontefice).
Flora, mia moglie, sta raccogliendo con meticolosità davvero incredibile, tutta una serie di testimonianze, immagini, racconti, foto, filmati della Grande Guerra, e tutti i giorni mi propone diverse mete davvero interessanti. A dire il vero sono rimasto legato a siti famosi e conosciuti dai più, e ignoravo davvero tanti siti di grande importanza bellica, anche se quasi sconosciuti…
Ignoravo quasi completamente tutto il fronte disteso appena sopra il lago di Garda, sopra Rovereto e via dicendo. Avevo visto qualche rudere sul monte Cadria…ma non avevo dato importanza.
Grazie alla caparbietà e alla “professionalità” di mia moglie (ha lavorato fino a poco tempo fa nel turismo) sto “mettendo il naso" in siti davvero importanti e incredibilmente interessanti.
Ma devo essere sincero…la meta dell’escursione dell’altro giorno era Malga Zures, sopra il Lago di Garda. La posizione del sito lo faceva davvero appetibile per quota e temperatura.
Le giornate non sempre cominciano bene…non sempre finiscono male…
A dire il vero non avevo molta voglia di spostarmi da casa….avevo voglia di andare a fare un giro in bici dalle parti di casa….ma per dare soddisfazione a Flora…ho accettato. Poi in verità la storia della Grande Guerra mi ha sempre affascinato e mi affascina ogni giorno di più.
Stranamente l’altra mattina ci siamo approntati in tempi rapidi e siamo partiti  da casa con una decina di  minuti di anticipo rispetto alla tabella di marcia ipotizzata. Il traffico non eccessivo ci ha permesso di arrivare all’uscita autostradale di Rovereto Sud davvero velocemente. Bene! La giornata tersa lasciava intravvedere una splendida camminata sulle montagne sopra Riva…
Ma appena fuori dell’autostrada un curioso cartello ci annunciava che la strada verso Riva era interrotta poco più avanti. “Non è possibile” ci siamo detti…e siamo andati avanti. Dopo il lungo tunnel la coda di autocarri e auto ci confermava il blocco. Un fumo intenso e nero invadeva la valle appena prima del “solco di Loppio” . Dopo un po’ di minuti, dopo aver visto arrivare diversi equipaggi di pompieri, e aver visto che non ci si muoveva, abbiamo realizzato che non saremmo mai riusciti a fare la nostra escursione. Proviamo ad aspettare ancora un po’, sperando di arrivare alla rotonda per la strada che porta verso la Val di Gresta per arrivare al Naja Grom….niente da fare, il tempo passa e, veramente, la processione non cammina!
Nel frattempo sono davvero diventato scorbutico e nero in viso (pensavo alla bella pedalata che avrei potuto fare a casa con gli amici….) . Ma ormai siamo qui…bisogna trovare una via d’uscita…
E la butto li…andiamo a Serrada a trovare la Forra del Lupo…
L’ho buttata li così per dire, senza aver ben pensato alla posizione di Serrada.
Flora accetta al volo.
Con notevole nervosismo, in mezzo alla colonna ferma, inizio una manovra di inversione ad U.
Il sopraggiungere di una macchina dela Foerstale mi fa fare qualcosa di veramente sbagliato e la macchina tocca sotto e rimango in bilico su un “ricciolo” della strada.
Mentre tiro giù tutti i santi presenti in paradiso, e anche quelli che ancora devono andarci, con cattiveria finisco la manovra sperando di non aver fatto danni grossi all’auto….
Mi fermo in una piazzola poco dopo a controllare…apparentemente ho solo scrostato lo strato di “antirombo” sui longheroni…speriamo bene. La macchina si comporta bene arrivando a Rovereto.
Inizio la salita verso Serrada. Le indicazioni mi dicono che devo arrivare quasi a Folgaria.
Lo sapevo! Avrei dovuto saperlo…c’ero stato quest’autunno.
Cattivo come una iena inizio a salire i tornanti prendendomela con tutti quelli che ho davanti e che vanno troppo piano (a mio avviso)
Se Dio vuole arriviamo a Serrada. Dopo un giro del paese per trovare parcheggio….sistemo la macchina in un bel piazzale vicino ad un bar sotto le piste. In fretta ci prepariamo.
Sono nero come un temporale. Non abbiamo cartine non sappiamo da che parte cominciare.
Con la scusa di un caffè entriamo nel bar e cerchiamo cartine o info varie.
Ne caviamo solo l’indicazione per il Sentiero delle Trincee, che si imbocca appena fuori del bar.
Sono rassegnato al girello attorno al paese….
Mugugno e sbuffo in modo ignobile mentre comincio a camminare lungo il sentiero. Il sentiero, all’inizio dice poco…ma piuttosto che niente…
Pestiamo un po’ d’erba in salita e notiamo che il sentiero ci mena in direzione delle piste da sci, affollate e innevate artificialmente.
Andiamo ancora un po’…ed arriviamo ad un bivio. Una indicazione quasi insignificante ci indica: Postazioni.
Flora, senza esitazioni si avvia. So da tempo che mia moglie ha un fiuto eccezionale, quasi animale.
Fatica a leggere una cartina….ma a “naso” riesce a trovare quello che vuole…
Come faccia non lo so…ma è veramente abile e brava.
La seguo…ci diciamo che…al limite torneremo sui nostri passi.
Poco dopo il cartello incappiamo in un paio di posti di vedetta/mitragliatrice (forse) in via di manutenzione e delimitate da nastro bianco/rosso…
La cosa ci fa drizzare le orecchie….ci guardiamo e ci diciamo….”non sarà mica quello che cerchiamo?”
Per non sapere né leggere né scrivere iniziamo a seguire il sentiero.
Inizialmente la via è bella larga, ma poi va stringendosi in modo preoccupante. Distinguiamo appena la tracciola nel bosco. Notiamo però evidenti segni rossi completi di frecce sui sassi e su tronchi tagliati. Rami appositamente posati, sbarrano la strada su sentieri secondari.
La cosa ci prende e siamo ansiosi mentre saliamo a zig zag nel bosco. Il sentiero poi si riallarga e corre di cengia lungo la costa che sovrasta la valle di Terragnolo.
Il panorama è veramente bello e merita comunque la perlustrazione.
Ora il sentiero va trasformandosi in un qualcosa che, ci pare ogni passo di più, assomiglia ad una trincea. Ne abbiamo conferma poco dopo quando cominciamo a incontrare quelle che ci sembrano postazioni.  
Ora stiamo camminando veramente in una profonda trincea che corre proprio sul precipizio sopra la Val Terragnolo.
Le emozioni vanno accavallandosi velocemente. Nella trincea è rimasta della neve che si è trasformata in ghiaccio. Dobbiamo procedere con circospezione per non scivolare. Spesso dobbiamo salire sul borso della trincea…a strapiombo sulla vallata sottostante. 
Qua e la ci fermiamo per scattare qualche foto. Giusto il tempo per riflettere sulle condizioni di vita dei soldati appostati in questi luoghi. Chissà se riflettevano sulle bellezze che avevano davanti…o semplicemente si accontentavano di sopravvivere. Probabilmente ai loro orecchi giungevano continuamente gli echi dei bombardamenti sulle montagne circostanti, appena sopra di loro, davanti a loro….e la sul fondo si vede il gruppo Adamello/Presanella….anche li giù cannonate, spari….certamente quei ragazzi non viveano la montagna come la intendiamo noi ora…anche se, specialmente negli ufficiali, sorgevano momenti di ammirazione per le montagne e per la bellezza del creato. Ora nelle trincee e attorno ad esse è cresciuta tanta vegetazione…ma allora….allora con ogni probabilità era tutto pelato…La legna serviva a fare ripari a scaldare i rigugi in galleria o caverna…gli alberi se colpiti dalle bombe potevano bruciare e recare danni….
Riprendiamo a camminare con questi pensieri e chiacchierando, quando notiamo che la trincea si infossa in una gola naturale.
Davanti a noi pareti rocciose lavorate dall’uomo, si ergono a mura difensive. Scalette intagliate nella roccia portano a postazioni sopraelevate…
Flora entra in agitazione…
“E’ questa è questa”… “mi ricordo le foto”… “è la Forra del Lupo”…
Io  non ricordo nulla…ma mi fido. Per intanto mi godo la bellezza del luogo e ele opere del soldato imperiale. Scendiamo lungo la forra e notiamo ancora le vestigia di postazioni e ricoveri in caverna naturale.
Parecchie sono le costruzioni di calcestruzzo che completano. In una “stanza” ci sono ancora gli attrezzi dei lavoranti che hanno riportato alla luce questa trincea.
Siamo decisamente nella “Forra del Lupo”…
Mi chiedo perché “ del Lupo”…a dire il vero ha davvero poca importanza.
Saliamo e scendiamo scale in pietra appena riportate alla luce. Il tutto è davvero bello.
Vorremmo che non finisse mai…



Ma, cammina, cammina, arriviamo ad un dosso dove troviamo un gruppo di escursionisti.
La forra è terminata…ora vorremmo capire dove siamo e dove potremmo arrivare…anche se grossomodo sappiamo dove siamo. La in fondo vediamo Monte Maggio…quindi, mal che vada arriviamo a Passo Coe….
Ci spiegano velocemente che…si appena li c’è la strada che porta a Forte Dosso delle Somme…
Tombola! Perfetto!...
E’ ancora presto e, attraversato il prato ci ritroviamo dalle “casermette” sulla strada che porta al forte. Non siamo nemmeno tanto lontano…
Chiediamo conferma ad altri escursionisti che ci mostrano la carta.
Felici come le pasque iniziamo a seguire la strada; copiando le pestate altrui facciamo un taglio per sentiero e poi dopo un paio di tornanti siamo proprio dalle prime caserme sotto il forte.
Davanti a noi due bikers arrancano sulla neve dura ghiacciata.
In breve siamo al forte Dosso delle Somme.
Abbiamo tempo e ne approfittiamo per esplorare e fotografare. Innanzitutto troviamo un sito soleggiato e riparato dall’aria per mangiucchiare qualcosa. Poi facciamo due chiacchiere con i bikers
che iniziano le loro operazioni di discesa, quindi prima di cominciare a scendere buttiamo un’occhio all’interno del forte. Entriamo da una delle finestre.
Siamo in un corridoio…provo ad avanzare…buchi un po’ ovunque mi consigliano prudenza e circospezione. Esco da un’altra finestra e rientro da un’altra parte.
La musica non cambia. Il forte è stato smantellato in epoca fascista (1936) per recuperare il ferro delle cupole girevoli e per far questo…è stato fatto saltare. Ovviamente! Le mura erano spesse anche 3 metri e anche più in certe parti….calcestruzzo…e di quello buono…certamente non si lesinava in materiale allora!
Iniziamo le operazioni di rientro.
Scendiamo un paio di tornanti e siamo davanti ad un bel pratone. Sul versante opposto al forte si disegna evidenziata dalla neve la striscia di un sentiero in salita. Andiamo a  vedere.
Nel bel mezzo del prato una buca profonda piena di neve evidenzia l’arrivo di una antica cannonata.
Anche sopra, vicino al forte era tutta una buca. Con l’erba alta non si vedono bene….con le due dita di neve odierna…si distinguono chiaramente…ogni buca un cerchio bianco…
Madonnna! Ma quanti cerchi bianchi ci sono?
Ma quante bombe sono cadute?
Non voglio pensare a quei poveri soldati che erano da queste parti…
Dalla buca in mezzo al prato arriviamo al bordo che sporge sulla vallata sottostante….vediamo il forte la sopra e capiamo bene la trincea che si va ad infilare in quella che a noi sembra una caverna…sotto il forte… sicuramente ci saranno stati collegamenti…
Ora seguiamo la trincea innevata in salita….e dalla montagnola vediamo che la medesima trincea inizia a scendere nel prato.
Cosa facciamo?   
Ragioniamo un po’…la linea di combattimento guardava la Valle del Terragnolo e le montagne davanti a noi…Zugna, Pasubio…
La Trincea non può che proseguire sulla cresta e portarci …giù dalle caserme…e poi verso la Forra del Lupo..
Scendiamo nella trincea, lungo la trincea e ci dirigiamo a valle. Con il filo di neve rimasta ci è molto facile seguirla.
Poi la Trincea si inoltra nel bosco. Non c’è neve. Diventa più difficile seguire la trincea che ora si fa più interrata e meno visibile. Però a guardar bene si vede….
Dalla trincea principale si diramano tante trincee minori in un intrico di “vie” come in città.
Ma quanta gente viveva qui? Come vivevano?...
Nei lunghi inverni stranevosi del ‘16 e del ‘17 cosa ci sarà stato da queste parti?
Gli interrogativi sono tanti e non importa se i sodati erano Italiani o Austriaci….erano uomini, erano ragazzi, erano contadini, erano operai….
Era gente che viveva, soffriva, moriva….
Siamo nel mezzo del bosco e per seguire la trincea dobbiamo compiere qualche acrobazia per scavalcare alberi caduti, rami secchi e cespugli vari.
Ma siamo gasati come le aquile e non sentiamo fatica.
In breve siamo arrivati….dalle casermette.
Ora non ci resta che rientrare seguendo la strada….. L’ultimo tratto lo facciamo seguendo la traccia della Gibomegamtb….che entra in un viottolo….probabilmente una vecchia strada di collegamento…e poi improvvisamente ci ritroviamo sul giro delle Trincee…..
Scendiamo di fianco alle piste dove ragazzi forse ignari delle passate vicende storiche si divertono a scivolare sugli sci…
Ancora una volta di più penso a quei ragazzi di 100 anni fa….ai loro sacrifici, alla loro morte…
Siamo degni di loro….
Più di un grosso dubbio vaga nella mia mente….
Per un attimo mi rattristo…e poi penso che anche loro si rallegrerebbero pensando ai loro pronipoti allegri che si divertono e rendono allegri i posti che hanno visto tanto dolore….
Mi sembra di vedere sorridere un gruppo di Kaiserjager….tra le fronde del bosco…laggiù…sembrano mimare il gesto dello sciatore….
Con la pelle d’oca li saluto…
La macchina è dietro l’angolo….
Metto in moto….e chiacchierando con Flora scendiamo verso casa….

Certo che Flora ha un notevole intuito…..anche oggi mi ha portato a vedere qualcosa di veramente speciale. Il nervoso di inizio mattina è svanito fra le trincee e nelle gole della Forra del Lupo…

mercoledì 7 gennaio 2015

GRANDE GUERRA MTB: MONTE ZUGNA-PASSO BUOLE.

Quando si percorre l’autostrada del Brennero nei pressi di Rovereto capita spesso di ammirare una bella chiesetta su un cocuzzolo e appena sotto appare una scritta strana: A PASSO BUOLE.
Per anni mi sono chiesto cosa volesse dire, e poi guardando la vallata appena dietro mi sono sempre chiesto come si facesse a salire a questo misterioso Passo Buole.
Poi, qualche anno fa il CAI di Parma fece una escursione al Monte Zugna e a Passo Buole.
Ci andai, ma un po’ per la situazione strana che si era verificata (un componente della comitiva stava male) un po’ che ero interessato ad un paio di ragazzotte della compagnia, non mi sono mai fatte troppe domande sui perché e percome della zona, cosa significassero in realtà quelle montagne ecc..
Di per se il monte Zugna mi aveva deluso e di Passo Buole ricordavo veramente poco. Avevo visto qualche rudere risalente alla Grande Guerra, ma era in cattivo stato e poi….c’era stato poco tempo…
Alla fine dei conti una brutta escursione.
Mi andava bene perché venivo da un grosso infortunio (clavicola rotta dopo una caduta in bdc) e una camminata in montagna di poco impegno mi andava bene.
Passa il tempo e con l’interesse crescente per le vicende della Grande Guerra rispunta all’improvviso il Monte Zugna. Con il monte rispunta anche il famoso Passo Buole.
Documentandomi un po’ ho scoperto davvero un mondo che non conoscevo.
Innanzitutto è necessario dire che in quei siti, apparentemente insignificanti, si sono svolte battaglie cruente e sanguinose. Il monte Zugna, insieme al Pasubio ( ad un tiro di schioppo dallo Zugna) e all’altopiano di Asiago, fu l’obiettivo degli Austriaci quando decisero di sfondare con la Straf Expedition.
Ho imparato che gli Italiani si difesero strenuamente (col Trincerone) alle falde dello Zugna, e che Passo Buole rappresentò un punto strategico fondamentale per la tenuta del fronte.
A ragione, Passo Buole venne denominato “Le Termopili d’Italia”. Mi sembra che la definizione sia esaustiva di per se stessa.
Lessi poi (il merito va interamente a mia moglie) che a Passo Buole combattè eroicamente la brigata Taro. Per chi è della mia zona la cosa è di casa….la gente era di famiglia.
La brigata Taro era per l’appunto formata per la maggior parte da parmigiani di città e provincia.
Ce n’era a sufficienza per pensare ad una escursione sui luoghi delle battaglie.Il fine settembre di quest’anno ci ha regalato momenti di tempo veramente fantastici…In uno di questi momenti, mia moglie ed io abbiamo giocato il nostro jolly migliore, e, nel WE del 21 settembre  ci abbiamo provato. Siamo partiti il venerdì sera col nostro “camperone” e ci siamo piazzati al Pian delle Fugazze (ad un paio di km dall’ossario del Pasubio), il sabato, con le nostre mtb, abbiamo conquistato il Pasubio, e poi ci siamo trasferiti a Rovereto per un comodo pernotto in area di sosta. 
La mattina presto siamo usciti e ci siamo fermati a Marco. Di qui siamo partiti per la risalita al monte Zugna. Marco è ben basso nella vallata…e il monte Zugna incombe la in alto. Oltre 1500 metri di dislivello ci aspettano. Le gambe sono già provate dai 1600 metri di ieri, speriamo bene! Studiando un po’ il percorso abbiamo notato che, salendo, attraverseremo la storia. Partiamo dai versi della Divina Commedia di Dante, (Inferno XII, 4-9):
Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l'Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,
che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse...

Sopra la “ruina” pedaleremo “fra le piste dei dinosauri” e lungo la “via degli artiglieri” (per ricordare gli artiglieri che combatterono e morirono per la patria in tutte le guerre dal risorgimento ai nostri giorni). Finiremo le nostre fatiche fra le trincee della Grande guerra.
Consci di tutto questo (ma anche della fatica che ci aspetta) partiamo attraversando il centro di Marco e poi qualche metro di statale del Brennero, e subito off road. Cominciamo la salita con una rampetta cattiva su una carraia davvero brutta, che ci fornisce subito una brutta impressione. L’acido lattico nelle gambe contribuisce ad abbruttire questa prima asperità. Fortunatamente la via migliora subito e pedaliamo su una pendenza dolce fra muretti a secco.
Questo mi fa venire in mente il tracciato della Vecia Ferovia su verso Auer (Ora)..ha un che di molto simile. Comunque sicuramente era una vecchia strada e probabilmente una vecchia strada militare….
Le nostre pedalate lente ci portano a transitare sopra Rovereto. Sotto di noi il sacrario di Castel Dante (castello dove probabilmente soggiornò il poeta della Commedia e di cui restano solo poche rovine)
e la Campana della Pace (Maria Dolens, costruita con il bronzo dei cannoni).
Stiamo pedalando su asfalto lungo la Via degli Artiglieri.
Lungo la strada tante lapidi a ricordo degli artiglieri di tutte le guerre. Questa cosa mi prende parecchio e mi fa un po’ soffrire pensando atutti questi giovani, come potevo essere io quando feci l’artigliere a Trento, che hanno dato la loro giovane vita per una patria che adesso come adesso pare tradire il loro sacrificio. Un moto di rabbia mi fa accelerare distaccando Flora che sale più lenta leggendo i nomi incisi e dove si svolse la battaglia che li vide perire.

Lasciamo la via asfaltata e rientriamo su una bella strada bianca che si inoltra fra le piste dei dinosauri. Qui la storia si mischia in un insieme assurdo e curioso.
“Mostri” come i dinosauri si intromettono “nell’inferno dantesco” conferendo a questi massi appoggiati li, in qualche modo, sul pendio della montagna, un’ aura di magia davvero incredibile….eppure sono solo sassi….massi erratici… Mi fermo per qualche foto. Poi riprendo a salire raggiungendo Flora che è andata avanti. Il sentiero si addolcisce in pendenza ed ambiente. Un bosco sottile e gentile si è sostituito ai massi grigio chiaro di prima. Ampi slarghi ci concedono la vista sulla valle dell’Adige e su Rovereto proprio sotto di noi
. Appare sulla nostra sinistra una roccia curiosa. Sulla falsa riga delle Piramidi di Segonzano si erge un enorme masso, quasi un monolite, con il cappello in testa… E’ il famoso Fungo di Albaredo. Le info dicono che è roccia calcarea stratificata…è alto 7 metri…lo chiamano “la bela siora” da queste parti….

Con la scusa di fotografare il fungo ci fermiamo a rifiatare. Siamo ancora indietro con i lavori e lo Zugna è ancora alto sopra di noi. Abbiamo già visto tanto, ma…della Grande Guerra? Ancora niente, almeno niente di ben visibile. Eppure giù di qui c’era la prima linea.
Ok, rimontiamo in bici e pedaliamo!
Poco dopo il fungo lasciamo la strada bianca e torniamo sull’asfalto. Che ho capito io dai cartelli e dalla traccia (cui ho dato un’occhio ieri sera ) abbiamo ancora una decina di chilometri d’asfalto da fare, rigorosamente in salita. Non sono tantissimi, ma sono un po’ borsosi (pallosi), speriamo di trovare qualche diversivo lungo la via. Il tempo passa veloce, un po’ meno i chilometri, che sono quasi più lenti di noi che abbiamo le gambe fiacche.

Necessitiamo di una prima sosta per una marmellatina corroborante ai muscoli e al morale. Poi ripartiamo.
La strada non finisce mai, alcune signore, nei pressi di Malga Tovo, ci incitano e ci rincuorano dicendo che mancano ancora 10 km….ma se mancavano prima!!!
Consolo Flora, un po’ demoralizzata. Al rifugio ne mancano molto meno, i 10 km mancano alla cima dello Zugna. Forza e coraggio.
Poco sopra la noia dell’asfalto viene mitigata dall’affiorare delle prime postazioni della Grande Guerra. I trentini stanno recuperando in modo deciso tutto quello che testimonia la guerra “sopra le loro teste”. Affiorano qua e la buche, piazzole per mitraglia o cannone, postazioni di sentinella, ricoveri…cimiteri.
Cartelli esplicativi descrivono lo scenario bellico di allora e le sue evoluzioni durante lo svolgersi dei combattimenti.

Il bosco diventa rado e nell’erba si vedono meglio gli affioramenti di trincee. Ma anche nel bosco ora riusciamo ad individuare gli avvallamenti delle vecchie trincee ormai coperti da terra e foglie. Chissà se verranno riportate tutte alla luce. Ferve un gran lavoro…staremo a vedere.
Un grande cartello ci segnala il TRINCERONE.
Questo notevole manufatto costituì l’estrema difesa italiana alla Straf Expedition del maggio del ’16. Contro di essa cozzarono inutilmente le truppe imperiali di Cecco Beppe.
La storia narra di imprese eroiche dall’una e dall’altra parte…. Dal Trincerone gli italiani potevano vedere La piana dell’Adige e Trento e le montagne del Brenta e dell’Adamello, mentre dalle trincee austriache si vedevano le propaggini del Garda e della pianura veneta dove essi speravano di arrivare velocemente. Per tutte e due le fazioni furono speranze vane. Una lunga guerra di posizione aspettava i contadini e i montanari di ambedue gli schieramenti.
Con l’animo in subbuglio e le gambe un po’ più riposate riprendiamo a pedalare verso il rifugio Coni Zugna.
Incontriamo altri bikers più stanchi di noi che arrancano  più di noi sull’asfalto. Ci diamo contegno e troviamo le energie per arrivare quasi spavaldi al rifugio. Siamo stanchi ed abbiamo bisogno di cibo e riposo. Entriamo in rifugio (fuori c’è un’arietta tagliente…) e Flora va poer chiedere un panino al simpatico rifugista…Propongo una bella pasta asciutta…
Proposta accettata!
Il rifugista ci propone tagliatelle al ragù di cervo. Accetto volentieri, anche se temo che il cervo, poi, scalpiti al momento dell’ultimo strappo in salita. Ci arrivano due piatti di ragù con tagliatelle!
Meraviglia!! Bontà! A parte le ottime tagliatelle, il cervo è davvero buono e per nulla unto. Il tutto va giù che è un piacere…accompagnato da una bella birra….
Dopo il caffè ci apprestiamo all’ultimo balzo verso la cima.
Qualche nuvola in cielo e un leggero venticello ci consigliano di partire un po’ più vestiti, per non dar modo al “cervo” di nuocere.
  Dopo una prima parte in pendenza leggera il sentiero comincia a dire la sua e la pendenza si fa più “cattiva” . La stanchezza (anche se in parte mitigata dalla sosta provvidenziale) si fa sentire e saliamo con fatica…ma saliamo. Riposiamo un attimo nei pressi di una grande spianata dove spiccano i resti in muratura di strutture di servizio (caserme austriache adattate dagli italiani in altrettante caserme e in un lazzaretto).
Davvero curiosa è una parete inclinata che serviva a raccogliere l’acqua piovana.
Fatte alcune foto riprendiamo la marcia.
Ora abbiamo un piccolo dilemma. La tabellazione propone, per Passo Buole, di girare a destra. Ma la traccia sul gps mi invita ad andare dritto, puntando verso la cima, sembra che voglia farmi scendere da la…Non ho ricordi sui sentieri di questa zona…e mi fido. Altro strappo vigliacco
e siamo in vetta. Il panorama è davvero stupendo e ci godiamo il momento. Sulla cima una Croce ed un Cippo ricordano i caduti e le sofferenze dei combattenti….
Ci fermiamo per una preghiera e per ammirare lo splendido panorama. Di qui si vede tutto il mondo…o quasi (citava Renzo Pezzani, poeta parmigiano guardando da una piccola cima appena fuori città). Il Pasubio è appena li…là in fondo il gruppo dell’Adamello e della Presanella….il monte Baldo…lo Stivo…
Intanto che ci sono vado a vedere dove mi mena la traccia…
Il segnale del gps mi porta a seguire un sentierino proprio sull’orlo del precipizio…direi che di qui non ci vado… Ben sotto di me vedo svolgere un bel sentiero… mi sorge un dubbio….
In ogni caso dobbiamo tornare indietro e seguire le indicazioni tabellate. Se poi il sentiero è davvero balordo…spingeremo…
La discesa dalla cima alla spianata delle caserme è veloce.
Proviamo a seguire le indicazioni.
Il sentiero corre rasente alla parete, in verità, in linea d’aria davvero vicino a quello pedalato poco fa… In effetti sono in traccia…boh!
Andiamo avanti lungo un sentiero largo (non troppo) e assai esposto. Sulla nostra destra c’è davvero un bel buco. Il fondo è buono e non ci sono pericoli. Incontriamo diversi escursioni pedestri…qualcuno ci incoraggia, qualcuno mugugna, nonostante il nostro saluto e la nostra velocità decisamente ridotta. Fa niente penso mentre Flora esprime la sua contrarietà a voce squillante. “Lasa ster…pedala e sta atenta…” gli dico tra i denti…
Mano a mano che progrediamo il sentiero diventa più ripido, stretto, e d il fondo assai sconnesso.
Poco dopo il tutto si riduce ad una tracciola ricavata dai resti di una frana recente.. per non sapere né leggere né scrivere scendiamo e passiamo le bici a mano.
Ancora un tratto tecnico in sella e poi una serie di due o tre tornanti davvero mal messi. Potrei anche provare…ma non mi va di rischiare. In fondo sono pochi metri….non ne vale la pena…
Nonostante tutto, in breve siamo su un bel sentiero che ora si fa pedalabile che lascia la cima dello Zugna (che incombe sopra le nostre teste)
e si avvia verso un bel torrione che cupo ci aspetta. Il sentiero è stretto e il fondo smosso di ghiaia robusta, ma alberi da una parte e roccia dall’altra ci tranquillizzano parecchio e così progrediamo pedalando solerti.
Scendiamo per spingere le bici lungo una breve erta…davvero erta, e poi riprendiamo in un ambiente incredibile. Un susseguirsi di su e giù assai simpatici, mai pericolosi amplificano la nostra gioia.
Siamo protetti dall’aria e la temperatura è tiepida e accattivante, e questo aumenta il divertimento. I colori si alternano ai nostri occhi che ogni tanto fuggono dal navigatore e dal sentiero e vagano fra i monti che si mostrano diversi ad ogni curva della pista.
Ci fermiamo un attimo in una bella spianata dove il sentiero all’improvviso si allarga per diventare una comoda strada bianca.
La fatica di arrivare sullo Zugna è stata ampiamente ripagata da questo divertente e bellissimo sentiero….
Ora non ci resta che lasciar correre le nostre bici fino a Passo Buole.
Il passo lo si vede la in fondo…sembra appena li…ma proprio li non è…
Comunque in discesa la fatica è poca…e ci arriviamo ben presto.
La sosta alle “Termopili d’Italia” è doverosa.
Non abbiamo tempo per cercare trincee e manufatti risalenti ad allora, ma ci accontentiamo di leggere le lapidi commemorative.
“Non cedemmo di un passo” cita un bianco ricordo incastonato ad un muro.
Il ricordo della eroica resistenza della brigata Taro e di altre poche forze contro la preponderanza e la forza dell’attacco austriaco in occasione della Straf Expedition, è tutto racchiuso li.
I nostri antenati, li trincerati, resistettero strenuamente come Leonida contro Serse. In tantissimi persero la vita per la Patria.
Non so quanti di loro fossero consci delle motivazioni della guerra, non so quanti di loro fossero contenti di essere li….ma combatterono come leoni…
Tanto di cappello….
Il tempo passa e la processione…non cammina!
Distolgo faticosamente Flora dalla lettura di tutti i pannelli presenti…e ricominciamo a scendere lungo la strada bianca che ci porta in Val di S.Valentino.
Scendiamo ora lungo una bella inghiaiata che ci fa scendere veloci di quota; lasciamo correre le mtb sulla ghiaia infida che tende a portare a spasso le ruote.
Lascio fare alla bici…senza insistere troppo con i freni e con le correzioni. Incontriamo un biker che faticosamente risale, lo salutiamo e ci fermiamo a far due chiacchiere. Lui rifiata e noi riposiamo le mani. Poi giù ancora.
Entriamo in Val San Valentino.
Mi diverto da matti a fare i tornanti in velocità mettendo fuori il piedino (come Valentino, Rossi)
L’ultimo di questi tornanti mi frega….
Sbaglio la piega…la ruota anteriore si blocca e la Scott mi proietta in avanti.
Niente di grave….un paio di piccole escoriazioni…niente di più…il danno grosso lo ha avuto la mia GOPRO. Nella caduta si è rotto il supporto che la fissa alla fascia pettorale. Provo a vedere se riesco a rimediare in qualche modo….nulla da fare.
Sconsolato la ripongo nello zaino e mi rassegno a non filmare l’ultima parte di discesa.
In realtà mi manca assai poco di significativo.
Arriviamo sotto il Santuario di San Valentino.
La mia traccia ci invita a salire e ad arrivare a Marco per vie secondarie.
Ma siamo stanchi e …torneremo al santuario un’altra volta.
Imbocchiamo la statale del Brennero e arriviamo a Marco con un traffico davvero limitato.
Divertiti e soddisfatti sistemiamo le bici e gli zaini sul “camperone” che paziente ci aspetta.
Il frigo ci regala ancora bibite fresche….giusto il tempo di darsi una rassettata ed una pulita sommaria e partiamo alla volta di casa.
Torneremo ancora…per altri giri…per altre trincee…per rendere omaggio a quei ragazzi che cent’anni fa….

E' possibile visualizzare il video della escursione al Monte Zugna e Passo Buole al seguente indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?v=s-O3bX_1OTk&list=UUPQfTmVUCV3Je1Knre--uNA