giovedì 4 settembre 2014

Grande Guerra Trek - Fra i Sassi della Val Travenanzes


Dopo 3 giorni di escursioni a piedi ed in mtb, diciamo che ne ho a sufficienza di pioggia e maltempo. Diciamo che erano più i vestiti e le scarpe ad asciugare che quelli in valigia ancora puliti.
Questa maledetta aria umida che continua a circolare rendendo il tempo instabile e piovoso non accenna ad andarsene, e l'umore ne risente, così come la voglia di affrontare escursioni dominate dalle intemperie. Quando Flora mi chiede, candidamente "cosa facciamo domani?" altrettanto candidamente rispondo"stiamo a letto". Segue un mugugno significativo, anche troppo.
Dopo un pò ritorna all'attacco "andiamo a fare un giro in mtb o a piedi?". Forse non mi sono spiegato bene. "Domani c'è tempo davvero brutto, c'è ben poco da fare!"
"Ma nemmeno un giretto corto corto?....ho letto sul libro di Sassi col Nome in Val Travenanzes"
"Ho capito, vediamo domattina che aria tira, poi decidiamo".
E andiamo a letto, io con le costole, che dopo la botta dell'altro giorno e il maltempo, cantano l'Aida, il Trovatore, e girandomi nel letto sospiro "questo o quello per me pari son!". Dovunque mi giri il dolore si fa ben sentire. Zitto zitto tiro moccoli col pensiero.
La mattina che sopraggiunge lascia sperare poco. Cielo grigio e plumbeo, nuvole pesanti che, basse fuggono sopra i monti dalle cime coperte. Dopo una bella colazione dobbiamo decidere il da farsi.
Dopo una serie infinita di "si", "no", "forse", arriviamo alla conclusione che...si va...si va, si va!
Si va a vedere la Val Travenanzes, o quantomeno la parte alta della valle, quella sotto la Tofana di Rozes. Mettiamo insieme lo zaino in fretta e furia (speriamo che ci sia dentro tutto quel che serve) un pò d'acqua, pane e formaggio, pile frontali, mantella e ombrella....e prendiamo l'autobus al volo come Fantozzi.
Da Sarè al Falzarego sono una decina di km, l'autobus fa presto. Durante il percorso taciamo e ne approfitto per pensare e vergognarmi un pò. Ho fatto tante storie per 4 gocce d'acqua...e quei ragazzi che erano in trincea, lassù fra i sassi, estate e inverno, col caldo, con la neve, sotto l'acqua...con gli altri che ti sparavano addosso. Mi rassereno e comincio a pensare al percorso da fare. Una idea ce l'ho, ma è abbastanza vaga....
Anni fa avevo risalito la Alta Val Travenanzes con il mio amico Enrico (quello che mi ha attaccato la malattia terribile della storia della Grande Guerra) e suo figlio provenendo dal rifugio Giussani.
Eravamo scesi dalla Forcella di Fontana Negra e risalendo la valle eravamo arrivati al Lagazuoi Piccolo e poi si era scesi per le gallerie, allora appena riaperte. Avevamo notato questi sassi con feritoie, tracce di trincee....ma il tempo era poco e non ci eravamo soffermati più di tanto a visitare.
La mia idea era, per l'appunto quella di ripetere la parte di percorso della Val Travenanzes, in andata e in ritorno...
A guadagno di tempo saliamo al Lagazuoi Piccolo con la Funivia.
Lassù ci accoglie l'aria gelida e una nebbia che va e che viene. Le Tofane ed il Fanes si velano e si svelano velocemente, aprendo speranze, subito rese vane.
La poca gente che è salita con noi, fugge velocemente in rifugio.
Meglio, poca brigata....vita beata!
Iniziamo a scendere lungo l'autostrada che costeggia le postazioni austriache che dominano l'anticima del Lagazuoi, il Col dei Bos, e punta Berrino/Ollacher.
Queste postazioni le abbiamo già viste diverse volte, ma un giro fra le gallerie fa sempre bene, così per chiarirci meglio le idee.
Rapidamente scendiamo alla sella Falzarego e lesti lesti ci incamminiamo seguendo le indicazioni per la Val Travenanzes. Le Tofane e e i Fanes continuano a giocare a nascondino fra le nubi che fuggendo veloci continuano ad appesantirsi e a scendere di quota.
Ma ancora non piove...bene bene...
Costeggiando il Lagazuoi Grande vediamo sopra di noi una croce rudimentale e del filo spinato
....andiamo a vede se ci sono trincee...Da sopra non si vedevano....ma non si sa mai!
Saliamo rapidamente di qualche metro e curiosiamo con rispetto fra quei resti centenari. Nel momento in cui si aprono le nuvole riusciamo ad avere visione di come potevano essere le cose e come potevano essere gli schieramenti. Pochi metri di distanza fra una fazione e l'altra, e nel mezzo tanto filo spinato. Continuiamo a scendere lungo il sentiero per la Val Travenanzes. Di colpo il vento si ferma, il cielo si appesantisce e scende. Sotto forma di pioggia, ma scende. In un grigiore spettrale, velocemente ci attrezziamo per far fronte alle intemperie. Io mantella e ombrella (come decine di altre volte durante la percorrenza della Via Francigena nel piovoso maggio del 2010), Flora con giubbino antiacqua, pantaloni antiacqua, e ombrellino rigorosamente rosa comprato dai cinesi, ma fa il suo lavoro...
Le nuvole basse ci nascondono le cime dei monti, ma la visuale del sentiero e della valle sotto di noi è limpida. Senza vento forte, l'acqua non da fastidio e continuiamo la nostra passeggiata sulle tracce dei Sassi della Val Travenanzes.
Dopo un pò mi accorgo che il sentiero che stiamo percorrendo sta molto in alto e molto dalla parte "austriaca", cioè sotto il Lagzuoi Grande e i Fanes (sotto la ferrata Tomaselli). Vedo distintamente il sentiero che percorsi a tempo debito con Enrico, la in fondo, e lungo il sentiero disseminati in ordine sparso, i grandi sassi pieni di feritoie. Pronti via...sbagliato strada.  Do una occhiata al navigatore (non ho la cartina con me) e vedo che più giù il sentiero si unisce con quello che scende dal Giussani....
Ok ok....ci siamo.
Molto bene, in questo modo, prima percorriamo le linee austriache e poi risaliamo per le linee italiane.
Sul nostro percorso in discesa non troviamo molto, qua e la qualche evidente manufatto qualche trincea abbozzata, ora riempita di detriti, ma niente di più.
Il panorama rimane spettrale, in un ambiente dal sapore lunare, dove solo qua è là spunta l'erba e la roccia chiara la fa da padrona, dove cresce bene solamente quell'erba grassa, che fa quei fiorellini così carini, dove adesso è tutto silenzio e dove allora fischiavano pallottole e cannonate.
Anche le marmotte sono al riparo nelle tane, e non risuonano i loro fischi di allarme.
Scendiamo rapidamente verso il bosco e il ruscello di fondo valle. Ora l'erba è più presente e si staglia in modo strano sulla terra rossa...rosso sangue.
Il colore è determinato chiaramente dalla presenza di sali ferrosi, ma in una giornata così, in un contesto storico come questo, viene immediatamente da pensare al sangue, corso in modo così copioso in quegli anni....
Brr....e non per il freddo!
Attraversiamo il torrentello che scende rumoroso verso valle
e dopo qualche metro ricominciamo a salire sul sentiero dei Sassi...Per il sentiero che ricordavo.
Il nostro sguardo inizia a lavorare alla ricerca di pertugi fra i massi e nei massi erratici che popolano la valle.
Man mano che saliamo di quota e ci avviciniamo al Col dei Bos e al Castelletto le tracce del guerresco passato aumentano vertiginosamente. Qualche mano volonterosa ha provveduto a liberare qualche trincea dai detriti, ed ora si distinguono bene i camminamenti di allora. Di sasso in sasso c'erano corridoi, strette stradiole fra due muretti di pietra che portavano i soldati di postazione in postazione. Su queste postazioni c'è tanto da leggere, ma venendo qui e toccando con mano, si riesce bene a comprendere quale potesse essere la vita di un militare in trincea nel 15/18.
Le migliaia di resti di scatoletta parlano chiaro sul rancio quotidiano dell'alpino in guerra.
Stessa considerazione vale anche per il Kaiserjager, anzi forse a loro andava ancor peggio.....
Scrutando ed indagando il tempo passa, la fame bussa prepotente allo stomaco, e la pioggia non cessa, anzi si intensifica ed aumenta. A tratti rumoreggia sull'ombrello sotto forma di sottilissima grandine. Neve o grandine?...per ora grandine, o comunque sono piccole sferule di neve ghiacciata....
Entriamo ad esplorare uno di questi grandi Sassi e, senza aver la necessità di accendere le frontali, ci accorgiamo che al suo interno sono state ricavate diverse stanze con tante feritoie per sparare al nemico e/o osservarne le mosse.
Le feritoie guardano sostanzialmente la parete della Tofana di Rozes, la sopra corre la ferrata Lipella, e da quelle parti c'erano le postazioni Italiane. Così, di brutto, a sentimento battezzo il sito come una postazione austriaca (leggerò poi, che inizialmente era austriaca ma poi fu conquistata dall'esercito italiano, così come gli altri sassi che visiteremo).
Fuori la pioggia scende copiosa e forte, rendendo l'ambiente stranamente ovattato, tutta la natura pare chiudersi in se stessa in attesa dell'arcobaleno alla fine della buriana. Dentro al sasso non si sta male, e decidiamo di sostare qui per mangiare.
Cerco due sassi da usare come sedia, appendo la mantella ad uno speroncino di roccia che mi fa da attaccapanni,
e mi siedo accanto alla sposa a mangiare quel poco che abbiamo. Nel profondo silenzio del sasso, ci sentiamo molto alpini, mentre mangiamo pane e formaggio e beviamo acqua di fonte....Non parliamo per non rompere il momento magico. Il pasto finisce presto, due mandorle come dolce, poi estraggo l'amico sigaro, mi metto in un angolo e lo accendo. Tiro profondamente e più che mai mi immedesimo nel soldato di allora. Spesso il sigaro lo fumavano a rovescio, con la brace in bocca per non farsi vedere dal cecchino. Nel silenzio del turno di guardia, pensavano forse alla casa lontana, alla mamma, alla morosa....molti avevano moglie e figli, che forse non avrebbero più rivisto. E la vista si ferma li di fronte, dove c'è l'altro....che con il suo sigaro girato al contrario sta pensando alle stesse cose....
I due non si conoscono, non si odiano, ma devono spararsi....devono cercare di sopravvivere....
La pioggia diminuisce leggermente, Flora ha fretta di andare a visitare altri Sassi, di immaginare altre storie, di commuoversi per nuove emozioni.
Camminando lungo immaginate trincee
saliamo di quota e davanti a noi si presenta il Sasso Piramidale (o Triangolare) . Le feritoie guardano verso i Fanes e il Lagazuoi Grande. Lo battezziamo Italiano ed andiamo a girarci attorno e dentro...
.
Le emozioni si susseguono veloci e forti e vinee voglia di vederne altri, di capire bene come funzionasse la questione, chi c'era come viveva cosa faceva...Mentre la pioggia lascia il posto ad una leggera nevicata, e il cielo sembra schiarire , vediamo laggiù più in fondo un altro sasso, anzi due sassi pieni di feritoie che guardano su. E' il Sasso Due Dadi.....che noi crediamo austriaco e invece è postazione italiana.
Fa niente... scendiamo ed assorbiamo, visitandolo, le energie, le sensazioni che ci può trasmettere. In questi luoghi di sofferenza e di vita dura, anche i sassi devono avere assorbito l'energia emessa dagli uomini in condizioni estreme. Sembra che questi blocchi calcarei vogliano liberarsi di tanta sofferenza e regalarla a noi umani affinchè possiamo trasmettere ai nostri simili un messaggio ricco di significati.
Il cielo, dopo la nevicata, sembra alleggerito e ha voglia di aprirsi, chiudiamo gli ombrelli e, proseguiamo la nostra camminata.
Saliamo seguendo una infilata di pali conficcati nel terreno, pezzi di filo spinato e scatolette arrugginite fanno da tragico contorno. Se pensiamo di vuotare lo spazio fra i pali contrapposti sono sicuro che ne verrebbe fuori una trincea, che avrebbe potuto anche essere un camminamento coperto.
Chi lo sa. Ci sono molte foto dell'epoca....
Stimao camminando senza una meta precisa, seguiamo istinto, curiosità e sensazioni.
Riprendiamo il sentiero per un attimo e subito lo lasciamo attratti da una costruzione in calcestruzzo sul dosso appena sopra di noi. Seguiamo una tracciola ed in breve siamo su....
Dietro alla postazione in cemento si apre un mondo di gallerie e trincee, alcune percorribili altre crollate. Ci fermiamo davanti ad una scritta in corsivo e bella calligrafia" Alpini Val Varaita". Il cemento inscurito dalla pioggia mette in risalto la scritta....sarà di allora...o sarà di un gruppo ANA che ha pulito queste postazioni? Mi piace pensare che sia di allora.....

Stiamo vagolando fra  trincee e postazioni senza una logica precisa, non abbiamo testi e carte per potere fare un programma preciso. 
La pioggia è cessata e ci muoviamo meglio... ma non togliamo giubbini e mantella per tranquillità. 
Il cielo si apre e appaiono le Tofane spruzzate di neve....Tra la nebbia il sole filtra e fa brillare le montagne di luce irreale e splendida. 

Inseguendo una trincea passiamo dalla Forcella del Col del Bos ad una serie di manufatti costruiti sotto il Col dei Bos  riparati dalla montagna. 
 Ora il sentiero diventa piccolo, tortuoso e scende ripido nella gola profonda sotto di noi. Guardo sul navigatore e vedo che porta verso Col Gallina e le 5 Torri. 
Decidiamo di scendere di li. Il fondo bagnato ci consiglia prudenza. E scendiamo con prudenza e circospezione. 
Il sentiero scende a tornanti stretti e tortuosi.
Pian piano il panorama si apre, e capiamo meglio dove siamo. Sotto di noi la strada che porta a Cortina. Con un pò più di luce i dritti pinnacoli rocciosi assumono un'aria meno cruda, e scendiamo meno contratti. Al nostro fianco vediamo lo svilupparsi della nuova "ferrata degli alpini".... Svoltato uno sperone di roccia notiamo la in fondo una serie di grandi costruzioni in rovina ci dicono che siamo in vista dell' ospedale del fronte. 

Il sentiero consente una marcia più veloce ed arriviamo in sito rapidamente. Siamo agli Ospedaletti. Sono i resti di un ospedale del fronte, c'è anche quello che mi sembra un altare all'aperto. 

Chiudendo gli occhi mi sembra di sentire il lamento costante dei feriti, il movimento continuo dei sanitari e dei cappellani militari....in sottofondo il rumore continuo del fronte...poco distante.
Brrr.....
Ora il sentiero corre a mezza costa e in breve siamo al Falzarego....il sole illumina le montagne che ora appaiono vestite a festa. Un vento gelido attraversa il passo. Manca un'ora all'autobus...
Ci rifugiamo al bar per una meritata cioccolata calda.....
Ma i soldati di allora....potevano permettersela?

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